domenica 2 giugno 2013

I Mondiali di Jules Rimet


Di solito preferisco lo scrivere al leggere, perché lascia più spazio alla fantasia. Ma non sempre è così, anzi, a volte sono proprio quelle parole scritte su quelle pagine da persone a noi sconosciute a farci entrare in un altro mondo, quasi magico. Persone che non abbiamo mai visto, di cui magari non abbiamo mai sentito parlare, diventano, dal nulla, i nostri compagni d'avventura per quelle 500 pagine. 
È capitato così a me leggendo "I Mondiali di Jules Rimet", scritto da Alessandro Trisoglio. A partire dai progenitori del football, fino ad arrivare a quel Edson Arantes do Nascimento, l'unico in grado di vincere per tre volte la Coppa Rimet. Oltre 100 anni di storia calcistica racchiusi in un libro, ricchissimo di aneddoti e particolari, che lo rendono semplicemente magnifico: una gioia per chi, come me, vive di calcio.
Me lo sono immaginato Andrade, la Meraviglia Nera, piangere disperato a terra alla fine del pirmo tempo della prima finale, quella del 1930 tra Uruguay e Argentina. "Non possiamo perdere! Loro sono argentini e noi uruguagi!", ho riso leggendo ciò, sapendo della mitica rivalità tra le due nazioni del Rio della Plata. Le parole di Andrade servirono da scossa per la sua squadra, che vinse la prima edizione del Campionato Mondiale. 
Me li sono immaginati i giocatori dell'Italia nel pre-ritiro del 1934, fatto qui vicino a me, in una pensione chiamata L'Alpino. Io, lì, ci ho dormito qualche anno fa e ciò mi rende orgoglioso, felice. A maggior ragione sapendo che Meazza e compagni vinsero contro la Cecoslovacchia, diventando campioni del mondo. Un successo bissato quattro anni dopo in Francia. Dove ci fu quel Brasile-Cecoslovacchia passato alla storia come "La battaglia di Bordeaux "(http://calciobybeppe.blogspot.it/2013/05/la-battaglia-di-bordeaux.html). E me lo sono immaginato Leonidas mal concio, tanto da dover saltare la semifinale contro l'Italia. E Planicka, quel portierone rimasto in campo pure con un braccio rotto. Storie di altri tempi, di un altro calcio.

Poi la Guerra e niente Mondiali. Nel 1942 la nazione ospitante sarebbe dovuta essere la Germania, ironia della sorte furono proprio i tedeschi a far saltare tutto. Compresa l'edizione del 1946. Il tutto dopo aver fatto scomparire l'Austria dell'edizione del 1938. 
Me li sono immaginati gli italiani che nel 1950 si fecero Italia-Brasile in nave, perché l'aereo era un tabù: chi si sarebbe sognato di fare un volo dopo la tragedia di Superga? 
Mi sono immaginato i brasiliani nello sconforto più totale dopo la disfatta dell'ultima partita. Bastava un pareggio, arrivò una sconfitta. La più tragica dell'intera storia brasiliana (http://calciobybeppe.blogspot.it/2012/07/io-non-cho-mai-provato.html). Ho provato anche ad immaginare Jules Rimet consegnare la Coppa a Varela, mentre attorno una squadra, uno stadio, una nazione piangeva, come ad aver perso un figlio.
Mi sono immaginato Puskas e compagni dominare il mondo a suon di gol e calcio spettacolo, fino a quel 4 luglio 1954, quando vennero rimontati dalla Germania Ovest nella finale di Berna. 
Mi sono immaginato la vittoria del Brasile del 1958, rivivendo le immagini del fantastico gol di Pelé in finale contro la Svezia. Quel ragazzino di neanche 18 anni si apprestava a diventare il migliore del mondo. 
Mi sono immaginato quel Cile-Italia 2-0 nel 1962, quando l'arbitro Aston diede il via libera alla caccia all'uomo da parte dei cileni. Fino ad arrivare alla finale, con Masopust in grande spolvero, ma impotente difronte alla meraviglia del Brasile, privi di Pelé ma con uno splendido Garrincha.
Nel 1966, quando il football tornò a casa, mi sono soffermato di più sulle qualificazioni, sull'Irlanda del Nord in particolare. Ho avuto la possibilità di leggere di George Best, autentico trascinatore di quella nazionale. Un pareggio contro l'Albania consegnò il lascia passare per l'Inghilterra alla Svizzera, negando a Best l'appuntamento mondiale che tutte le grandi stelle meriterebbero.

Ma per una britannica che piange, ce n'è una che ride. Ovviamente parlo dei padroni di casa, che vinsero quel Mondiale grazie ad un tiro di Hurst che non varcò mai la linea di porta. Ma questo è il calcio. Ed è bello così, perché quattro anni dopo i tedeschi si presero la loro rivincita.
Mi sono immaginato il mitico Brasile del 1970, probabilmente la miglior squadra che questo sport abbia mai visto. Il 4-1 sull'Italia in finale ne è la dimostrazione. Ma la partita più bella, fu quattro giorni prima. Quell'Italia-Germania 4-3, con tanto di targa ricordo fuori dalla stadio Azteca. Il giusto riconoscimento per la "Partita del secolo".

Jules Rimet era già morto, fa fu sicuramente fiero del risultato che il suo torneo raggiunse. Parlo al passato perché quella fu l'ultima volta che i giocatori alzarono la mitica Coppa Rimet, sostituita poi dalla Coppa del Mondo FIFA, in quanto il Brasile la vinse per tre volte, assicurandosi il diritto di custodirla per sempre... o quasi, dato che nel 1989 venne rubata.

Mi sono immaginato, io, di fianco a questi e tanti altri campioni. Mi sono immaginato arbitro, dirigente, allenatore, tifoso. Giocatore di calcio e di tsu-chu. Italiano, inglese, ungherese, tedesco dell'ovest e dell'est, francese, brasiliano, uruguaiano, cecoslovacco, con gli occhi a mandarla... insomma, ho cambiato tante nazionalità! Rimanendo, però, sempre seduto su una sedia, sdraiato su un divano, perché infondo ero sempre lì, con il corpo, ma con la mentre ero tornato anni ed anni indietro. Perché è a questo che servono i libri, a trasportarti fuori dalla realtà. Non nego di aver quasi pianto leggendo l'ultima pagina di questo libro, perché non avevo proprio voglia di concludere questo incredibile viaggio attraverso paesi e culture diverse, Un viaggio che non solo mi ha fatto rivivere il calcio, ma anche le varie guerre, i costumi delle nazioni, i tempi che cambiano. Insomma, tutto.
"Il 18 maggio 1929, a Barcellona, i ventitre delegati della FIFA assegnano all'Uruguay l'organizzazione del primo campionato del mondo di calcio. L'ideatore, il presidente Jules Rimet, coronava così il suo sogno Mondiale. E così, il 10 luglio 1930, nasceva, con il torneo, la Coppa Rimet.

Il trofeo durerà nove edizioni, fino al 1970, quando in Messico lo vincerà per la terza volta, e quindi definitivamente, il Brasile. 
Il romanzo della Rimet - con i tabellini completi anche delle qualificazioni - non è solo la più grande storia di sport mai raccontata.
È la nostra Storia. Siamo noi."
Fu così che mi innamorai subito di questo libro. "Se pensavate che io ne sapessi di calcio, non immagino cosa direte quando avrò finito di leggere questo libro.", scrissi su Facebook pubblicando la foto del libro. Ed avevo ragione, perché nonostante sapessi già tanto, adesso so quasi tutto quello che c'è da sapere sui Campionati Mondiali di Calcio.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza Jules Rimet, presidente FIFA dal 1921 al 1954, un uomo fermamente convinto della sua idea: quella di creare un torneo in grado di stabilire chi fosse davvero il più forte. E anche se in alcuni casi l'esito finale è diverso da quello reale, possiamo dire che ci è riuscito.

Quindi bisogna dire grazie a questo uomo francese che ha regalato a tutti noi la possibilità, ogni quattro anni, di vedere i migliori giocatori vestire le maglie delle proprie nazionali per darsi battaglia in quel rettangolo di gioco.
Ma grazie anche all'autore del libro per avermi trasportato in una favola lunga 40 anni, ricca di attori protagonisti o semplici comparse, che a modo loro hanno segnato la storia di questo sport. 

Stare ad elencare tutti i calciatori, gli allenatori, gli arbitri, in cui mi sono immedesimato, sarebbe inutile, anche perché non finirei più. Come sarebbe inutile dire tutti gli stati d'animo che ho provato leggendo quelle oltre 500 pagine, tutte le situazioni che ho immaginato. Sopra ve ne ho dette alcune, ma fidatevi che sono molte, molte di più.
Vi consiglio semplicemente di leggere, perché pur partendo come libro narrativo, va oltre i fatti storici. È un racconto che ti porta a spasso nel tempo. Cosa chiedere di meglio? Per me, questo è il massimo.




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