giovedì 27 novembre 2014

Principi non troppo fiabeschi, parte uno

L'eleganza è quella raffinatezza che ti fa eccellere su tutti, quella che ti distingue, quella che ti mette su un piedistallo per farti ammirare dagli altri. Meglio di un piedistallo, c'è solo un trono; che però è per i re, per quelli che hanno delle responsabilità e devono caricarsi tutto sulle spalle. Capita, a volte, che arrivino persone in grado di sopportare il peso di tutti, ma che lasciano il trono agli altri. Forse aspettandolo, o forse fregandosene. Sul piedistallo ci finiscono loro e, volendo, per la loro innata eleganza consegnatagli dalla natura, vengono chiamati principi. Salta subito alla mente il legame tra la parola "principe" e il calcio. Questa storia, invece, di immediato e scontato non ha nulla, perché ad unire argentini ed uruguaiani ce ne vuole. E anche tanto.


Siamo a Montevideo, la magnifica capitale dell'Uruguay che ha appena ospitato e vinto il primo Campionato Mondiale di Calcio. In finale, visto che di incroci ne avevano avuti pochi, ci arrivarono i padroni di casa e l'Argentina, che perse 4-2 dopo aver concluso il primo tempo in vantaggio 1-2. Quella Celeste aveva dominato incontrastata il decennio 1920/30, portando a casa quattro titoli di campione del Sud America, due titoli olimpici e il Mondiale sopracitato, grazie ad una fenomenale generazione di talenti come Nasazzi, Andrade, Cea, Scarone, Petrone. Con il passare del tempo, però, i giocatori iniziano ad invecchiare e a ritirarsi. Si arriva quindi al 1935, dove sono ancora presenti il capitano Nasazzi e il bomber Hector Castro, che vinsero la finale contro l'Argentina nel 1930. C'è ancora l'Albiceleste sulla loro strada, stavolta nella partita decisiva del girone unico del Campionato Sudamericano. Ovviamente, in quegli anni, sono arrivate nuove forze fresche e fra tutti si deve citare Anibal Ciocca, una giovane mezz'ala in forza (quando mai) al Nacional. Approdato al Tricoleres nel 1931 dopo soli pochi mesi di permanenza nei Montevideo Wanderers, si mette subito in mostra già dall'età di 15 anni, dimostrandosi un calciatore dotato di grandi mezzi tecnici. Nel 1934 e nel 1936 vince la classifica marcatori del campionato, rispettivamente con 13 e 14 reti. In mezzo, però, c'è una Copa America da vincere e il suo contributo si noterà eccome. Nella seconda partita rifila una doppietta al Cile, facendo diventare, di fatto, l'ultima partita contro l'Argentina una finale: entrambe le squadre, infatti, erano a quota 4 punti. Già al 36' la Celeste chiuse i conti con un secco 3-0 e l'ultimo gol lo segnò proprio Ciocca. Dopo questo trionfo, arriveranno altri cinque campionati uruguaiani dal 1939 al 1943, che si aggiunsero a quelli del 1933 e 1934, per un totale di otto, sommando anche quello del 1946, anno in cui Anibal si ritirò.
Non appare spesso nei libri di calcio, ma all'epoca era uno dei giocatori più forti di tutto il panorama sudamericano. In un tempo in cui nel calcio l'equilibrio tra difesa e attacco era tutto orientato verso la zona offensiva, riusciva a dare la giusta armonia al Nacional e alla Nazionale, grazie anche ad una grande intelligenza calcistica, che lo faceva apparire un gradino sopra agli altri. Veniva chiamato "Hombre cerebral" e la sua compostezza ed eleganza contribuirono a dargli il soprannome di "Principe". Con oltre 150 gol in 350 partite e con in bacheca otto titoli nazionali e due Campionati Sudamericani, fu sicuramente uno dei migliori attaccanti del suo paese e di tutto il Sud America a cavallo tra gli anni '30 e '40.