domenica 26 ottobre 2014

Senza mai arrendersi

Se non ci avesse creduto fino in fondo nemmeno lui, probabilmente ora sarebbe ancora alla ricerca della propria dimensione all'interno del mondo calcistico. Graziano Pellè è uno di quelli che ha dovuto girare tanto, forse troppo, prima di trovare l'occasione giusta, la svolta inseguita per una vita intera. 
Siamo ad Ibiza, nell'estate del 2012. Graziano è sulla spiaggia, quando arriva un ragazzo che gli porta i saluti del figlio di Ronald Koeman, suo allenatore per pochi mesi all'AZ Alkmaar, che però ora è già da un anno alla guida del Feyenoord. Pellè ricambia i saluti e dice di chiedere al padre se lo rivoglia in squadra. L'olandese non ci pensa due volte e l'attaccante italiano torna nei Paesi Bassi, dopo un anno da dimenticare in Italia; perché sì, Pellè ha giocato anche nel Bel Paese, che proprio bello, per lui, non si è mai rivelato. Tra Lecce e Catania, conclude le prime tre stagioni da professionista con 0 gol segnati in 28 apparizioni. Troppo poco per un attaccante, specie per un esordiente che deve dimostrare tutto e che non può permettersi di sbagliare nulla. È ancora giovane, però, ad appena 20 anni non si possono lanciare sentenze. Il Lecce, nonostante tutto, crede in lui e lo manda nuovamente in prestito, dove finalmente arrivano i primi gol con i club: metà a stagione a Crotone in Serie B (17 presenze e 6 gol) e l'intera stagione 2006/2007 a Cesena, dove timbra 11 volte il cartellino in 39 partite. Viene convocato per l'Europeo Under 21 in Olanda, dove gli Azzurrini vengono eliminati già al primo turno, vincendo però ai rigori lo spareggio contro il Portogallo valido per l'accesso alle Olimpiadi di Pechino 2008. Il primo rigore della serie italiana lo segna proprio Pellè, a secco nelle tre partite del girone. Seduto da qualche parte nelle varie tribune, lo nota Louis van Gaal, allenatore dell'AZ Alkmaar, che rimane notevolmente colpito dall'attaccante del Lecce. Per 6,5 milioni Graziano approda (o meglio, rimane) in Olanda, trasferendosi ad Alkmaar. A 22 anni, dunque, arriva la prima, vera grande chance della sua vita. La prima stagione, però, non conferma i progressi ottenuti a Crotone e Cesena: arrivano la miseria di 4 reti in 32 presenze totali. La seconda, la terza e la quarta non sono migliori. Oltre al titolo del 2008/2009, a cui ha contribuito molto poco, e alle prime apparizioni in campo europeo, l'avventura di Pellè in Olanda è tutt'altro che indimenticabile. Tra luglio e gennaio del 2009, avviene un incontro che gli cambierà la vita: sulla panchina dell'AZ arriva Ronald Koeman. Anche per l'ex giocatore di Ajax e Barcellona, l'esperienza non si rivela granché, venendo esonerato dopo una brutta serie di sconfitte. Intanto Pellè assorbe, piano piano, gli insegnamenti di van Gaal e Koeman: sa che gli torneranno utili, perché sa che, prima o poi, arriverà anche il suo momento, arriverà quella svolta inseguita da 26 anni. Siamo infatti nel 2011 e dopo una stagione, la migliore in Olanda, che lo ha visto marcare 6 gol in 20 gare, il tecnico Verbeek non lo riconferma e lo mette sul mercato. Torna in Italia, sapendo di non aver dimostrato tutto il suo valore in Eredivisie. Torna in Italia con la consapevolezza che questa volta non può più sbagliare, perché gli anni ormai sono 26 e le occasioni, presto o tardi, finiranno e a quel punto bisognerà tirare le somme. Lo acquista il Parma per 1 milione di euro. La prima parte di stagione è da dimenticare, quindi i Crociati decidono di mandarlo in prestito alla Sampdoria in B. Qui, con 4 gol in 12 presenze, contribuisce al raggiungimento dei play-off, dove non segna, ma grazie ai quali i Blucerchiati tornano in Serie A. Graziano, invece, fa ritorno a Parma, ma solo per qualche settimana, perché siamo arrivati all'estate del 2012 e abbiamo fatto scalo ad Ibiza. Dopo un viaggio lungo quasi nove anni, iniziato quel gennaio 2004 in cui avvenne l'esordio con la maglia del Lecce. Un percorso fatto di tanti, troppi bassi e di quasi nessun alto. Un cammino in cui, comunque, Graziano ha saputo capire con chi e dove è riuscito a trovarsi bene. Prima con van Gaal, poi con Koeman. Sempre all'AZ, sempre nei Paesi Bassi. Ecco perché, dopo aver esordito nella Serie A 2012/2013, Pellè torna nuovamente sotto la guida di Koeman, quasi come fosse il suo maestro. Se poi è il destino a farti recapitare i suoi saluti su una spiaggia ad Ibiza, qualcosa vorrà pur dire.


Se insegui qualcosa, non smetterai mai di farlo; se non credi in te stesso, non troverai mai la tua strada. Graziano ha sempre capito che sarebbe arrivata la sua occasione e la ha cercata fino in fondo. Koeman in quel ragazzo ci ha visto qualcosa di speciale e Pellè lo ha ripagato. A suon di gol. Finalmente a suon di gol. 50 in 57 partite di Eredivisie, 55 in 66 apparizioni totali. Numeri da grande attaccante, che fanno tuttavia nascere i primi scetticismi. L'accusa è rivolta soprattutto alle difese ballerine del campionato olandese, che rendono il compito del centravanti molto più facile rispetto a Italia, Inghilterra o Germania. L'opinione pubblica sul reale potenziale dell'attaccante italiano si divide in due: c'è chi dice sia pronto per la Nazionale, mentre i suoi detrattori fanno valere la tesi delle difese non all'altezza. Pellè, in ogni caso, sa di aver raggiunto la sua ideale dimensione calcistica. Come ogni giocatore, comunque, vuole continuare a crescere e a dimostrare tutto il proprio valore. L'occasione arriva nuovamente da Koeman, approdato al Southampton la scorsa estate. La squadra ha praticamente mandato via tutti i talenti che avevano portato i Saints nelle zone nobili della classifica: venduti Lallana, Lovren, Shaw, Chambers e Lambert. Proprio il vuoto lasciato dalla punta inglese, costringe l'allenatore olandese a ricorrere ad un innesto offensivo nel mercato. Per 11 milioni di euro, l'attaccante del Feyenoord arriva in Inghilterra, per ricomporre la coppia magica con il suo manager. Nelle prime 9 partite di Premier League mette a segno 6 gol, trascinando il Southampton ad un improbabile secondo posto in classifica, solo alle spalle del Chelsea di Mourinho. La squadra che doveva lottare per la retrocessione, si ritrova nelle zone di alta classifica, guidata da allenatore e giocatore del mese di settembre. Koeman e Pellè si sono subito adattati all'aria della terra d'Albione e ciò ha giovato inevitabilmente sulle prestazioni di tutto il team. A 29 anni, quindi, l'attaccante leccese sembra aver trovato ciò che cercava.


Già così è una bella storia, ma tutte le belle storie hanno la ciliegina sulla torta. Dal sud dell'Inghilterra, voliamo fino a Malta, che dell'Impero Britannico fu colonia. È il 13 ottobre 2014 e Graziano Pellè, dopo una vita passata a girovagare qua e là, esordisce con la maglia dell'Italia nelle Qualificazioni ai prossimi Europei. E siccome questa è la storia di un ragazzo che di sprecare l'occasione proprio non ne vuole sapere, segna anche il gol vittoria. Un gol per dire che lui c'è, che c'è sempre stato, anche quando Prandelli non lo prendeva in considerazione, anche quando il suo posto era di Balotelli, anche quando vinceva l'Eredivisie senza contribuire troppo, anche quando non riusciva ad esprimersi al massimo in Serie A. Lui era lì, pronto a sfruttare la sua chance, perché sapeva che sarebbe arrivata. Ha lavorato tanto e alla fine ha ottenuto tutto quello per cui ha lottato. E sono sicuro che, nonostante ormai gli anni siano 29, questo sia solo l'inizio.

mercoledì 8 ottobre 2014

Noi contro noi; voi contro voi

Günter Grass
“Le cui licenziose fiabe ritraggono la faccia dimenticata della storia". È questa la motivazione con cui hanno assegnato, nel 1999, il Premio Nobel per la letteratura a Günter Grass, scrittore tedesco nato a Danzica nel 1927. L'ultimo anno del '900, pubblicò un libro intitolato "Il mio secolo", una raccolta di cento brani che, anno per anno, raccontano la storia del XX secolo. Un affascinante ritratto degli avvenimenti culturali e sociali che hanno caratterizzato, nel bene o nel male, la Germania e il mondo intero: dalla Prima Guerra Mondiale, alla caduta del Muro di Berlino; da Hitler, al disastro di Chernobyl; dal Campionato Mondiale di Calcio del 1954, a quello del 1974. Già, perché anche in un libro scritto da una persona insignita del Nobel, il calcio c'entra sempre; soprattutto se quei due Mondiali li ha vinti la Germania. Certo, ma quale Germania? L'Ovest, ovviamente. Quella ricca, quella benestante, quella dove tutto va bene. Succede, però, che nel 1974, nei Mondiali della Germania Ovest, ci sia un'incredibile partita Germania contro Germania. Ovest contro Est, ricchi contro poveri, campioni contro scarsoni. Attenzione, però, perché si tratta pur sempre della stessa nazione. E allora, per chi tifare? È una domanda che si pone lo stesso Grass, ma è una domanda a cui, in fondo, hanno cercato di dare una risposta tutti i tedeschi. La risposta ha un nome e un cognome: Jürgen Sparwasser. È il centrocampista del Magdeburgo che va forte nella DDR: campionato e Coppa delle Coppe nel 1974. È anche il centrocampista della Germania Est che vince le Olimpiadi nel 1972. È anche il giocatore tedesco che segna alla Germania, nel Mondiale casalingo. È la risposta a quella domanda: per chi tifare? Semplice, per la Germania. Quale? L'unica che c'è: quella unita. 
Grass lo menziona nel suo secolo, ma in realtà, il vecchio Sparwasser dovrebbe essere nella memoria di ogni tedesco: di ieri e di oggi. Di quelli che hanno vissuto ad Ovest, di quelli che hanno vissuto ad Est e di quelli che vivono, oggi, nella Germania unita; ma soprattutto, deve rimanere nella mente di chi all'Est e all'Ovest non ci ha mai seriamente pensato, perché dall'altra parte, ha sempre saputo che ci stavano altri tedeschi. Non gente estranea, ma gente che condivideva tutto con la tua cultura. 

Jürgen Sparwasser
Quella partita, però, si giocò. Era il 22 giugno 1974. Lo stadio il Volksparkstadion di Amburgo. Le persone circa 60.000, di cui 8.000 arrivate dall'Est, con un permesso speciale, ovviamente. Già, perché il Muro era ancora in piedi e passare da una parte all'altra era... beh, non era. Semplicemente, non era. Come non fu quella partita. La Germania Ovest, ricca di talenti, non riusciva a venire a capo di una faccenda che, almeno sulla carta, non avrebbe dovuto dare grossi grattacapi. Invece arrivò la sorpresa. Al 78' Hamann, da metà campo, fa partire un bolide che taglia la trequarti dell'Ovest e trova Sparwasser: il pallone gli rimbalza davanti, lui chiude gli occhi, gira la testa come a ripararsi e impatta perfettamente la sfera. Quando li riapre, il povero Höttges viene completamente mandato fuori tempo, Sparwasser lo supera, rinviene Vogts, esce Maier, ma ormai il destino è segnato: il centrocampista del Magdeburgo scaglia un bolide nella porta della Germania... e manda avanti la Germania. Beckenbauer urla, a gran voce, che non è successo niente. In realtà è successo tutto. Il risultato rimarrà quello: Germania-Germania 1-0. E non è solo l'Est ad aver battuto l'Ovest. No, erano i tedeschi in generale ad essersi resi conto che quelli che chiamavano "loro", non erano nient'altro che un unico "noi". Il Muro sarebbe stato abbattuto solo quindici anni dopo, ma il primo mattone fu distrutto quella sera del 1974. E Grass lo sa bene.
Sparwasser anticipò tutto e tutti. Nel 1988, in occasione di una partita di beneficenza disputata nell'Ovest, portò tutta la sua famiglia dall'altra parte. Fu etichettato come un traditore da chi in lui aveva visto un eroe nazionale, dell'Est ovviamente. Un simbolo per dire che, almeno per una volta, gli orientali avevano avuto ragione degli occidentali. A lui, però, di queste cose importava poco. Lui si sentiva tedesco, come la maggior parte dei suoi connazionali. 
Fece fare un passo in avanti, quando ancora si era troppo indietro. Disse che «Prima chi sventolava una bandiera tedesca era considerato un militarista, ora è visto solo come un tifoso. Un bel passo in avanti, non vi sembra?» Dovette aspettare ancora un anno, il 1989, affinché quel Muro che aveva iniziato ad abbattere lui, venisse finalmente raso al suolo. Nel 1990 tornò la Germania unita, l'unica che ha ragione di esistere. Senza Est e senza Ovest. 

Il gol di Sparwasser (da sinistra a destra): Sparwasser, Höttges, Vogts e Maier

Sparwasser voleva solo fare l'insegnante, ma fu obbligato a fare il calciatore. E da calciatore è entrato di diritto nella Storia, con la S maiuscola, del XX secolo. Non solo di Grass, non solo della Germania, ma di tutto il mondo. 
Questa non è una fiaba, non ritrae la faccia dimenticata della storia, perché questa storia non può essere dimenticata. D'altra parte, io non sono Grass, non ho vinto il Premio Nobel e, quindi, dovete accontentarvi di questo breve racconto su un uomo che fu un anticipatore dei tempi. E che per questo sarà sempre ricordato.

(Prendendo ispirazione dal libro "Un calcio alla storia")