venerdì 31 agosto 2012

Il fake del mercato

Il calciomercato sta per finire. Ci son stati parecchi colpi interessanti. Ma non voglio parlarvi di questo oggi.
Vi vorrei dire un'altra cosa. Durante il calciomercato, si sa, vengono sparate parecchie cose false. E c'è un ragazzo di 18 anni, che ha deciso di mettersi in proprio. Non ha voluto aspettare che fossero i giornalisti a dire stupidate, ci ha pensato lui in persona.
Tutto molto semplice. Ha creato un profilo (fake) su Twitter, si è finto un agente di calcio e ha iniziato a scrivere i trasferimenti più insensati. In pochi giorni i follewers erano più di 40mila, tra cui Sky Sport, la BBC e il Daily Mail.
Qualsiasi cosa lui scrivesse, era data per vera. E chissà, magari (molto probabilmente) anche noi ne abbiamo sentita una.
Anche un tifoso del Chelsea ne ha sentito una. Parlava dell'acquisto di Falcao da parte dei Blues. Il tifoso era talmente entusiasta, che sulla sua maglia del Chelsea, ha scritto "Falcao 20". Ma sappiamo come è andata in realtà: stasera Falcao sfiderà il Chelsea con il suo Atletico Madrid.
Il ragazzo ha scritto una lettera in cui confessa tutto e in cui dice che cancellerà il profilo. Senza rimpianti, perché lui si è divertito. Magari i giornalisti no, ma lui sì.
Ha anche aggiunto che "Perhaps I do feel a bit sorry for the guy who got "Falcao 20" printed on his Chelsea top". Perché avrà fatto pure il bastardo con tutto il mondo sportivo, ma un po' in colpa, alla fine, si è sentito.
Ps: forse so cosa fare la prossima estate...

giovedì 30 agosto 2012

Auguri Pavel

Era l'estate del 2006. E mentre l'Italia festeggiava il Mondiale, i campioni d'Italia di quell'anno, si vedevano scippare lo scudetto. Con conseguente retrocessione in Serie B e fuga di giocatori: Ibra, Emerson, Cannavaro, Thuram, Zambrotta, Viera i più imporanti.
Ma ne rimasero altri importanti: Del Piero, Buffon, Camoranesi e Trezeguet. Tre campioni del mondo e un vice-campione. E poi c'era anche Pavel Nedved.
Per la prima volta nella sua carriera non avrebbe giocato nella massima serie. Dopo quindici stagioni spalmate tra Repubblica Ceca e Italia. Tra Dukla Praga, Sparta Praga, Lazio e Juventus.
Per la prima volta quella chioma bionda non avrebbe potuto ambire allo scudetto.
Ma a lui non faceva né caldo né freddo. A lui interessava giocare alla Juventus. Così come ad Alex, Gigi, David e Mauro. Sono andati oltre la retrocessione.
E quando qualche mese fa Alex e Gigi hanno vinto lo scudetto, l'hanno fatto anche per Trezeguet, Camoranesi e Nedved.
Per quella furia ceca che ha entusiasmato la fascia juventina per otto anni.
Dopo il suo addio nel 2009, nessuno è riuscito più ad eguagliarlo.
Perché più che i 65 gol in 327 presenze in maglia Bianconera, o i 51 in 207 con la Lazio, o le 18 reti in 91 partite con la Repubblica Ceca, più di quel Pallone d'Oro nel 2003, di Nedved sarà impossibile imitare la grinta e le emozioni che dava quando correva sulla fascia.
Oggi compie 40 anni. Auguri Pavel!


lunedì 27 agosto 2012

Il campione mancato

Era il 27 agosto del 1999. Si giocava la Supercoppa Europea tra Manchester United e Lazio. A vincere furono gli italiani, grazie al gol di Marcelo Salas.
A fine stagione la Lazio vincerà lo scudetto e Salas segnerà 12 gol in Serie A.
Nel 2001 si trasferisce alla Juve per 25 miliardi di lire, vincendo altri due scudetti, ma segnando la miseria di 2 gol.
E quindi, nel 2003, la Juve prova a piazzarlo in Portogallo. Allo Sporting Lisbona per l'esatezza. In quella squadra c'era un giovane interessante, tale Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro. E la Juve aveva trovato l'accordo per lo scambio. Tutto fatto. Ma poi non se ne fece nulla, perché a Salas non andava bene il Portogallo.
Alla fine Salas andrà via dalla Juve e dall'Italia, per tornare al River Plate. Ma intanto, Cristiano Ronaldo è andato al Manchester United, è diventato quello che tutti conosciamo e la Juve è rimasta con un pugno di mosche in mano. Solo per colpa di uno dei più grandi flop della storia juventina.
E di altri Cristiano Ronaldo, qui in Italia, non se ne vedranno per un po'.


sabato 25 agosto 2012

50 anni di Bundes

Ieri la Bundesliga tedesca è diventata vecchia.
La partita tra Borussia Dortmund e Werder Brema, ha ufficialmente aperto la cinquantesima edizione del massimo campionato tedesco.
La prima stagione fu quella del 1963/64. E venne vinta dal Colonia.
Da allora ci sono stati altri undici vincitori: Werder Brema, Monaco 1860, Braunschweig, Norimberga, Bayern Monaco, Borussia Moenchengladbach, Amburgo, Stoccarda, Kaiserslautern, Borussia Dortmund, Wolfsburg.
Il solo Bayern Monaco ha vinto la Bundesliga ben 21 volte (22 titoli totali). Tutte le altre squadre assieme 28. Insomma, i re sono loro.
L'Amburgo è l'unica squadra che ha disputato tutte e cinquanta le edizioni.
Il difensore Karl-Heinze Korbel, è il primatista di presenze: 602.
Il leggendario Gerd Mueller guida i marcatori con 365. Quasi 100 in più rispetto a Fischer.
Sono praticamente irraggiungibili tutti e due.
Adesso tutti a caccia del Borussia campione, con il Bayern eterno favorito, ma ultimamente beffato.
Auguri Bundes!

venerdì 24 agosto 2012

Ciao Robert


Quando si è sfigati, lo si è fino alla fine.
A maggior ragione, se quella fine, decidi di farla arrivare te. Perché arrivi al punto in cui dici "basta".
Quando fai il portiere e ti preferiscono uno che subisce 14 gol in tre partite, capisci che c'è qualcosa che non va.
Quando inizi, finalmente, a muovere i primi passi nel Borussia Moenchengladbach, ma nessuno ti da fiducia, quando non ti rinnovano il contratto al Benfica, nonostante tu sia il capitano, capisci che sei stato preso di mira.
Quando arrivi al Barça ma ti sbattono via in Turchia, dove ti troncheranno alla prima occasione, per poi tornartene con la coda tra le gambe in Spagna, in seconda divisione, vuol dire che non sei bravo.
Ma poi, nel 2004, torni in Germania. Vai all'Hannover e conquisti presto il posto da titolare. Alla soglia dei 30 anni puoi dimostrare a tutti quanto vali. E vali tanto. Peccato che nessuno se ne sia mai accorto.
Diventi capitano pure qui. Sei uno dei migliori in Germania. Entri nel giro della Nazionale a 30 anni, nel 2007.
Ma ci resti solo due anni. Solo perché hai deciso di porre fine a tutto.
Fine ad una vita che ti ha visto sempre escluso e scartato da tutto e tutti. Fine ad una vita che ti ha portato via una figlia nel 2006. Fine ad una vita che ti ha portato a sei anni di depressione. Fine ad una vita che ti ha fatto realizzare il tuo sogno, quando ormai era troppo tardi.
Era il 10 novembre 2009. Ricordo la notizia ai tg, penso il giorno dopo. "Portiere tedesco si suicida sotto un treno". Ho pensato che fosse qualcuno di sconosciuto. In effetti era semi-sconosciuto qui in Italia, ma io lo conoscevo. E ci son rimasto malissimo, perché mi ricordo di come stesse facendo bene in quel periodo.
Ma ormai la depressione aveva preso il sopravvento. E tu ti eri arreso.
Oggi avresti fatto 35 anni e magari saresti il secondo di Neuer in Nazionale. Ma hai deciso che avevi altri programmi.
Ciao Robert!


mercoledì 22 agosto 2012

Sportivo con la S

Una cosa che mi davvero arrabbiare nel calcio, è l'ignoranza. Nel senso stretto della parola.
Ci sono tifosi che ignorano.
Io odio quando mi si presenta un milanista dicendo che ha vinto sette Champions League. Non perché me lo dica, ma perché non sa quando le ha vinte. Se gli dico 1963 e 1969, quello mi prende per scemo.
Odio quando mi dice che la mia squadra non ha un buon attacco. Sempre solita storia, non me la prendo se me lo fa notare. Me la prendo perché non gli si illuminano gli occhi alle sillabe Gre-No-Li.
Odio quando arriva un interista e mi dice che hanno fatto il triplete. Per me potete farne altri cento, ma se non sai cosa voglio dire con 1964 e 1965, te non puoi venirti a vantare del triplete di due anni fa.
Se ti dico Facchetti e Meazza, devi esaltarti.
Ho preso degli esempi a caso. Ma se non sapete le cose, non parlate. Perché anche per fare il tifoso, bisogna avere il cervello. Se tifi perché vuoi vantarti con gli altri, prego, fallo pure, ma non con me o con gente che di calcio ne capisce anche solo un po'. Perché prima di tifoso, io sono uno sportivo. Sportivo con la S!

lunedì 20 agosto 2012

A noi, va bene così

Noi italiani ci vantiamo tanto di essere quattro volte Campioni del Mondo.
Molti di noi neanche sanno quando li abbiamo vinti oltre al 2006. Qualcuno ricorda il 1982. Ma nessuno sa cosa successe nel 1934 e nel 1938. E forse è meglio così.
Perché? Semplice. Premetto che lascio stare l'indubbia qualità tecnica di quelle due selezioni. Ma, secondo il mio modesto punto di vista, c'erano altre nazioni superiori a noi. Lo sapeva Mussolini nel '34, che fece "qualcosa" per farci "vincere". Mettiamola così.
Nel 1938, invece, c'era il Brasile. E c'era Leonidas. Semplicemente l'attaccante più forte dell'epoca.
La semifinale, era proprio Italia-Brasile. L'allenatore brasiliano, tale Pimenta, decise di far riposare il suo campione, in vista di una finale, che pareva già conquistata.
Ma non aveva fatto i conti con i Campioni del Mondo in carica. Colaussi e Meazza segnarono e l'Italia vinse 2a1, andando a riprendersi lo scettro del mondo per la seconda volta consecutiva, sempre con lo stesso allenatore: Vittorio Pozzo.
Adesso voi mi direte: scusa, non poteva metterlo dentro a partita in corso?
No, perché i cambi non esistevano ancora. E mentre i suoi compagni perdevano, lui non poteva far niente.
A Leonidas, rimarrà la finalina, in cui segnerà due dei quattro gol con cui il Brasile batterà la Svezia 4a2. In totale i gol saranno 7 e gli varranno il titolo di capocannoniere.
Ma forse, se Pimenta non lo avesse tenuto fuori quel 16 giugno 1938, a quest'ora si parlerebbe di Leonidas come il salvatore brasiliano e non di un ragazzetto di neanche 18 anni, che avrebbe riscritto la storia della sua  nazione venti anni dopo. Il suo nome ? Pelé. Ma questa è un'altra storia. E questo è il mio modesto parere.
Ma a noi italiani, va bene così. Tanto, neanche sappiamo chi è Leonidas. Ma, anche questa, è un'altra storia.

domenica 19 agosto 2012

Due olandesi e due asiatici

Il calcio è storia. E si sa, i fatti storici, a volte, si ripetono.
Basta fare un passo indietro di sette anni e volare a Liverpool, al Goodison Park.
Era il 20 agosto 2005 e si giocava la prima giornata di Premier League. I padroni di casa dell'Everton, ospitavano il Manchester United.
In quella sessione di mercato, i Red Devils avevano messo a segno due acquisti importanti: il portiere olandese van der Sar e il centrocampista sud-coreano Park Ji-Sung.
Giocarono tutti e due, facendo il loro esordio in Premier League con la maglia dello United.
Domani, Everton e Manchester United giocheranno nuovamente contro, nella prima giornata di questa Premier League.
Lo United, in questa sessione di mercato si è assicurato Van Persie e Kagawa. Un olandese e un asiatico.
Come sette anni fa. Van Persie come van der Sar, Kagawa come Park.
Pure nel calcio i fatti si ripetono.


venerdì 17 agosto 2012

King Henry

E' tutta una questione di tattica.
Facile dire che non sei bravo, quando ti utilizzano come esterno di centrocampo anziché come attaccante.
Troppo facile fare questi discorsi, quando non si sa cosa dire.
C'era solo una cosa da dire: questo è un attaccante fortissimo, usatelo come tale.
Ci ha pensato Arsene Wenger a trasformarlo in un grande campione.
Il suo nome? Thierry Henry.


La carriera di Henry inizia al Monaco, proprio con Wenger allenatore. E anche lì non viene utilizzato da attaccante puro, ma bensì da ala. Ruolo in cui riesce comunque bene. Disputa 141 presenze e segna 28 gol nelle sue quattro stagioni e mezzo nel Principato.
A questo punto, passa alla Juve. Giocherà solo metà stagione e non riuscirà mai ad ambientarsi. Farà comunque 3 gol nelle sue 20 partite in maglia bianconera. Ma le due parti decidono di dividersi, privando l'Italia di un grandissimo campione.
Il 1999 è l'anno del ritrovo con Wenger. All'Arsenal, però. La stagione è fantastica e segna 26 volte in in 47 partite. Per farvi capire quanto siano importanti questi dati, basta pensare che fino ad allora aveva segnato 31 gol in cinque stagioni.
Nella stagione 2001-2002, segna 32 gol in 49 partite totali. Nella sola Premier League sono 24, che gli valgono il titolo di capocannoniere. E all'Arsenal il titolo inglese.
Si ripeterà due anni dopo, nella stagione degli "invincibili". L'Arsenal vincerà la Premier da imbattuta e Henry segnerà 30 gol in Premier. Ancora titolo di capocannoniere. Così come nelle successive due stagioni, con 25 e 27 gol.
Al termine della stagione 2006-2007, lascerà l'Arsenal, dopo due Premier League, tre FA Cup e due Community Shield.
Passa al Barcelona, dove segna 49 gol in 121 partite, vincendo due volte la Liga, una Coppa di Spagna, una Supercoppa spagnola, una Supercoppa Europea, un Mondiale per Club e una Champions League.
A questo punto capisce che non può più reggere i ritmi europei. E, all' età di 33 anni, decide di emigrare negli States, a New York, nei Red Bulls.
Nel 2010 e nel 2011 segna 17 volte nelle sue 41 presenze.
Poi, durante la pausa della MLS di quest'anno, torna clamorosamente all'Arsenal, facendo semplicemente impazzire i tifosi. E anche il sottoscritto, da buon tifoso United.
Gioca solo 7 partite, ma segna 3 gol. Il primo dei quali è riuscito ad emozionarmi. In FA Cup, contro il Leeds, entra al 68' e 10' dopo segna. Un boato assurdo dello stadio. Segnerà altri due gol in Premier League. Il numero 228 e 229 con la maglia dei Gunners.
Nella Nazionale Francese ha giocato 123 volte, segnando 51 reti e vincendo un Mondiale e un Europeo.
Adesso è tornato negli Stati Uniti e continua la sua magnifica carriera. Da attaccante, non da esterno di centrocampo. Capito Ancelotti?


Il 17 agosto 1977, nasceva questo grandissimo campione. Auguri Titì!

giovedì 16 agosto 2012

Statistiche del Pallone d'Oro

"Quel calciatore è forte. Pensa, in quell'anno ha fatto la doppietta Pallone d'Oro-Champions League".
Ma più precisamente, quanti calciatori sono riusciti a fare la doppietta Pallone d'Oro-Trofeo?
Iniziamo subito con la doppietta Pallone d'Oro-Coppa Campioni/Champions League:
1957: Alfredo Di Stefano (Real Madrid)
1958: Raymond Kopa (Real Madrid)
1959: Alfredo Di Stefano (Real Madrid)
1968: George Best (Manchester United)
1969: Gianni Rivera (Milan)
1971: Johan Cruijff (Ajax)
1973: Johan Cruijff (Ajax e poi Barcelona)
1976: Franz Beckenbauer (Bayern Monaco)
1985: Michel Platini (Juventus)
1989: Marco van Basten (Milan)
2007: Kakà (Milan)
2008: Cristiano Ronaldo (Manchester United)
2009: Messi (Barcelona)
2011: Messi (Barcelona)


Passiamo ad una doppietta più complicata, quella con la Coppa UEFA:
1960: Luis Suarez (Barcelona)*
1993: Roberto Baggio (Juventus)
2001: Michael Owen (Liverpool)


* Nel 1960 esisteva ancora la Coppa delle Fiere, trofeo non riconosciuto dalla UEFA, ma a cui si fa riferimento come predecessore della Coppa UEFA.

È arrivato il momento di vedere quanti giocatori hanno avuto il predominio in Europa (come singoli) e nella proprio nazione (come squadra):
1957: Alfredo Di Stefano (Real Madrid)
1958: Raymond Kopa (Real Madrid)
1960: Luis Suarez (Barcelona)
1961: Omar Sivori (Juventus)
1962: Josef Masopust (Dukla Praga)
1963: Lev Jasin (Dinamo Mosca)
1965: Eusebio (Benfica)
1967: Florian Albert (Ferencvaros)
1972: Franz Beckenbauer (Bayern Monaco)
1973: Johan Cruijff (Ajax e poi Barcelona)
1975: Oleh Blochin (Dinamo Kiev)
1977: Allan Simonsen (Borussia Moenchengladbach)
1979: Kevin Keegan (Amburgo)
1980: Karl-Heinze Rummenigge (Bayern Monaco)
1981: Karl-Heinze Rummenigge (Bayern Monaco)
1982: Paolo Rossi (Juventus)
1984: Michel Platini (Juventus)
1986: Ihor Bjelanov (Dinamo Kiev)
1987: Ruud Gullit (PSV e poi Milan)
1988: Marco van Basten (Milan)
1991: Jean Pierre Papin (Marsiglia)
1992: Marco van Basten (Milan)
1994: Hristo Stoickov (Barcelona)
1996: Matthias Sammer (Borussia Dortmund)
1998: Zinedine Zidane (Juventus)
1999: Rivaldo (Barcelona)
2003: Pavel Nedved (Juventus)
2004: Andrij Shevchenko (Milan)
2005: Ronaldinho (Barcelona)
2006: Fabio Cannavaro (Juventus e poi Real Madrid)*
2008: Cristiano Ronaldo (Manchester United)
2009: Messi (Barcelona)
2010: Messi (Barcelona)
2011: Messi (Barcelona)

*Nel 2006 la Juventus vinse la Serie A 2005/2006, ma dopo le vicende dovute a Calciopoli, lo scudetto fu assegnato all'Internazionale.

Una doppietta strana, quella con la Coppa Nazionale:
1971: Johan Cruijff (Ajax)
1983: Michel Platini (Juventus)
1995: George Weah (PSG e poi Milan)
1997: Ronaldo (Barcelona e poi Inter)
2001: Michael Owen (Liverpool)*
2009: Messi (Barcelona)

*Nel 2001 il Liverpool vinse sia la FA Cup che la Carling Cup.

La regina delle coppe, la Coppa delle Coppe:
1975: Oleh Blochin (Dinamo Kiev)
1984: Michel Platini (Juventus)
1986: Ihor Bjelanov (Dinamo Kiev)
1997: Ronaldo (Barcelona e poi Inter)

Solo un giocatore ha vinto la Coppa Latina nello stesso anno:
1957: Alfredo Di Stefano (Real Madrid)

Arriviamo alla Supercoppa Europea:
1973: Johan Cruijff (Ajax e poi Barcelona)
1975: Oleh Blochin (Dinamo Kiev)
1984: Michel Platini (Juventus)
1985: Michel Platini (Juventus)*
1989: Marco van Basten (Milan)
1997: Ronaldo (Barcelona)
2001: Michael Owen (Liverpool)
2007: Kakà (Milan)
2009: Messi (Barcelona)
2011: Messi (Barcelona)

*Nel 1985 non fu disputata, ma la UEFA consegnò la Coppa alla Juve, che la possiede ancora oggi. Tuttavia, non la può nominare ufficialmente nel suo palmares.

I padroni del mondo. Coppa Intercontinentale/Mondiale per Club:
1969: Gianni Rivera (Milan)
1976: Franz Beckenbauer (Bayern Monaco)
1985: Michel Platini (Juventus)
1989: Marco van Basten (Milan)
2002: Ronaldo (Real Madrid)
2007: Kakà (Milan)
2008: Cristiano Ronaldo (Manchester United)
2009: Messi (Barcelona)
2011: Messi (Barcelona)


Passiamo alle Nazionali e agli Europei:
1972: Franz Beckenbauer (Germania, Bayern Monaco)
1980: Karl Heinze Rummenigge (Germania, Bayern Monaco
1984: Michel Platini (Francia, Juventus)
1988: Marco van Basten (Olanda, Milan)
1996: Matthias Sammer (Germania, Borussia Dortmund)


E ai Mondiali:
1966: Bobby Charlton (Inghilterra, Manchester United)
1982: Paolo Rossi (Italia, Juventus)
1990: Lothar Mattheus (Germania, Inter)
1998: Zinedine Zidane (Francia, Juventus)
2002: Ronaldo (Brasile, Inter e poi Real Madrid)
2006: Fabio Cannavaro (Italia, Juventus e poi Real Madrid)



Con la Confederations Cup:
1997: Ronaldo (Brasile, Barcelona e poi Inter)
2005: Ronaldinho (Brasile, Barcelona)


Sempre Brasile nella Copa America:
1997: Ronaldo (Brasile, Barcelona e poi Inter)


Davvero tante doppiette, fatte da giocatori straordinari (anche se ci sono delle eccezioni).
E adesso, tutti ad aspettare la fine dell'anno, per vedere chi sarà il nuovo Pallone d'Oro.



mercoledì 15 agosto 2012

La giovine Premier

15 agosto 1992 - 15 agosto 2012.
Vent'anni fa si disputava la prima giornata della prima edizione della neo nata Premier League.
I futuri campioni del Manchester United esordirono a malo modo, perdendo 2a1 contro lo Sheffield United.
Dei 22 club che presero parte a quella stagione, solo 11 sono tutt'ora militanti in Premier League. Sette dei quali (Manchester United, Liverpool, Arsenal, Chelsea, Tottenham, Everton, Aston Villa) hanno partecipato a tutte e venti le edizioni. E sono pronte a disputare la ventunesima.
Ryan Giggs è l'unico giocatore che ha segnato in tutte le edizioni dal 1992 ad oggi ed è intenzionato a proseguire questo incredibile primato.
Come già detto, lo United vincerà il suo ottavo titolo nazionale, a distanza di 26 anni dall'ultimo.
Secondo l'Aston Villa e terzo il Norwich. Solo sesti i diciotto volte campioni del Liverpool. I campioni in carica del Leeds appena diciassettesimi. Le altre quattro grandi tutte di fila: ottavo il Tottenham, poi il City, l'Arsenal e undicesimo il Chelsea.
Capocannoniere fu Teddy Sheringham del Tottenham con 22 reti.
In zona retrocessione Crystal Palace, Middlesbrough e Nottingham Forest.
A proposito di Nottingham, da segnalare, a stagione in corso, l'addio di Brian Clough, leggendario allenatore dei Forest, che abbandonava dopo 18 anni. Ormai erano troppo lontani i trionfi europei.
Si chiudeva così la prima stagione della Premier League.
Adesso siamo alla ventunesima. In mezzo, tanto spettacolo, come ormai siamo abituati a vedere dal campionato inglese.
Mancano solo tre giorni al ritorno della Premier. Intanto, vi ho detto come il tutto è iniziato.

Non solo campioni

Il Grande Real. Di Stefano, Puskas, Gento, Munoz, Kopa. E Zarraga. Aspetta, aspetta. Chi?
Forse non è stato un fuoriclasse come gli altri, ma lo spagnolo se la cavava molto bene. Era forte e veloce ed era uno che non si tirava mai indietro.
Ha giocato al Real dal 1951 al 1962, diventando ben presto titolare inamovibile di quel Real Madrid, con cui vincerà sei volte la Liga, una Coppa di Spagna, una Coppa Intercontinentale, due Coppe Latine e le famose cinque Coppe Campioni consecutive. In quella del 18 maggio 1960 giocata ad Hampden Park, Glasgow, contro l'Eintracht, fu pure capitano.
Si ritirerà dopo aver lasciato il Real Madrid, sua unica squadra. Salvo una stagione all'Arenas.
È nato il 15 agosto 1930 ed è morto lo scorso 3 aprile. Oggi avrebbe fatto 82 anni.


L'etica morale su un Mondiale

Lo chiamano El Lobo in Argentina, Jorge Carrascosa. E da quelle parti nel 1978 si giocò il Mondiale. Mentre Videla imponeva una delle dittature più crudeli della storia del calcio, cercò di organizzare il Mondiale lì, per nascondere il tutto e far credere al mondo che in Argentina era tutto bello e felice. Una cosa davvero schifosa. Talmente schifosa da far rinunciare sua maestà Cruijff al Mondiale. Troppo indignato per poter parteciparvi. Fa niente se l'Olanda sarebbe arrivata seconda. Lui a quel Mondiale non ci sarebbe andato lo stesso. Proprio come El Lobo.
Jorge Carrascosa non era un fuoriclasse. Era un terzino sinistro dal grande temperamento, però. E riuscì a scalare i ranghi della Albiceleste, diventandone capitano. Ma poco prima di quei Mondiali, disse "no". Gettò la fascia da capitano a terra, per lasciare che qualcun'altro la sporcasse di sangue. Non voleva essere "complice" lui di questo inganno che i vertici della dittatura avevano organizzato in ogni minimo dettaglio.
Dopo varie combine e truffe, l'Argentina vincerà 3a1 contro l'Olanda e Videla consegnerà la coppa a Daniel Passarella, mentre El Lobo era chissà dove.
Aveva dato un calcio ai suoi sogni di bambino. A quel voler alzare la coppa del mondo davanti al proprio pubblico, perché lui ha messo altre cose davanti alla gloria. E per questo, sarebbe giusto ricordarselo un po' di più.
Tutti sanno che Cruijff non andò a quel Mondiale, nessuno che nemmeno Carrascosa ci andò.
Io ve lo dico, sperando di far capire che il calcio va oltre una pedata ad un pallone. Perché lui diede un calcio alla dittatura.
E se pensate che fece tutto questo per farsi pubblicità, provate a cercare qualche sua intervista a riguardo. Anzi, non cercatela, perché tanto non ce ne sono.
Si ritirerà nel 1979, l'anno dopo il Mondiale, a soli 31 anni, senza far sapere più nulla di lui.
Il 15 agosto 1948 è nato El Lobo, Jorge Carrascosa. Auguri!


Svezia-Brasile 54 anni dopo


Stasera alle ore 20, a Solna, vicino a Stoccolma, si giocherà Svezia-Brasile. Allo stadio Rasunda.
Proprio come quel 29 giugno del 1958, quando in palio c'era il titolo mondiale.
Quella partita è finita 5a2 per il Brasile, che si laureò Campione del Mondo per la prima volta nella sua storia.
Era una squadra di sconosciuti: Gilmar, Bellini, Djalma Santos, Nilton Santos, Orlando, Didi, Zagallo, Garrincha, Zito, Pelé, Vavà.
Dopo quel Mondiale tutti sapranno chi sono. E tutt'oggi si ci ricorda di loro. Si ci ricorda di uno dei più forti reparti offensivi di sempre: Didi-Vavà-Pelé-Garrincha.
Gli stessi Pelé e Vavà hanno fatto una doppietta a testa in quella partita.
E pensare che la Svezia era pure passata in vantaggio con Nils Liedholm, dopo solo 4'. Poi la furia dei verdeoro esplose e Vavà, Pelé e Zagallo spezzeranno i sogni svedesi.
Capitan Liedholm si ritirerà dalla Nazionale dopo quella partita, in cui segnò il suo dodicesimo gol in 23 partite.
Tutto questo nello stesso Mondiale in cui il mondo scoprì anche un altre grande talento francese. Quel Just Fontaine, ancora oggi nel libro dei record, come il giocatore in grado di realizzare più reti in una singola edizione dei Mondiali: 13. Basta pensare che il record di gol totali è 15. E l'ha fatto un altro brasiliano, Ronaldo.
Purtoppo Fontaine si fermerà a quota 13, ma il ricordo dei quattro gol alla Germania nel 6a3 valido per la finalina, rimarrà in eterno.



I pochi superstiti delle due compagini, si sono riuniti al Rasunda proprio in occasione della partita di stasera, per ricordare Svezia-Brasile di 54 anni fa.
I protagonisti saranno diversi, le motivazioni pure, ma lo stadio è sempre quello: il Rasunda.
Guardatelo bene stasera, perché a novembre verrà demolito, portandosi con sé un pezzo di storia.
Quella stessa storia scritta (anche) il 29 giugno 1958 da quel Brasile e da un ragazzino di neanche 18 anni, che al 55' segnò il 3a1 con un gol che è tutt'oggi ricordato come il più bello fatto in una finale Mondiale. Nasceva la leggenda di Edson Arantes do Nascimento. Nasceva la leggenda di Pelé. E nasceva al Rasunda.






Gunnar lo sconosciuto

Se sai giocare a calcio, lo saprai fare per sempre. Anche quando giochi nell'Aix, una squadra che non è neanche professionista. Ma lo è stata. Dal 1953 al 1974. In mezzo, c'è l'anno 1961. Il 9 aprile 1961, per la precisione.
Si gioca allo stadio Velodrome di Marsiglia. I padroni di casa ospitano l'Aix. Finisce 2a2. A siglare l'ultimo gol fu Gunnar Andersson, per l'Aix. Uno che ha fatto 187 gol in carriera... con la maglia del Marsiglia. Nessuno meglio di lui. Neppure JP Papin, fermo a 184.
Saffle. Questo il suo soprannome, che gli diedero quando giocava al Goteborg. Infatti, Andersson, era Svedese. Ma ci giocherà solo una stagione (1949/50), prima di andare in Danimarca per pochi mesi. Poi il trasferimento all'Olympique, dove vincerà il titolo di capocannoniere nel 1951/52 e anche la stagione successiva. Solo questi saranno i suoi premi.
Nel 1958, dopo otto anni, lascia l'OM, per andare al Montpellier. Ma ci rimarrà pochissimo. Giocherà due stagioni al Bordeaux, dal 1958 al 1960. Dunque il trasferimento all'Aix e i 10 gol in 28 partite. (Probabilmente) L'ultimo dei quali proprio al Marsiglia, quel 9 aprile 1961.
Poi l'anonimato e la chiusura di carriera nella sua città, all'Arvika. Ancora più nell'anonimato.
Si ritira a 36 anni, nel 1964. Per poi fare lo scaricatore di porto per i successivi cinque anni, prima che un infarto non lo stronchi a 41 anni. A quanto pare, stava andando al Velodrome per vedere il suo Marsiglia contro il Dukla Praga.
Magari non avrà vinto un Pallone d'Oro come JP Papin, ma dalle parti di Marsiglia è amato allo stesso modo. Come Del Piero alla Juve. O Meazza all'Inter. O Nordahl al Milan. O Mueller al Bayern Monaco. O Rush al Liverpool. O Charlton allo United. Perché? Perché lui è stato il migliore marcatore del Marsiglia, proprio come lo sono questi altri signori per le loro squadre.
E' nato ad Arvika, in Svezia, il 14 agosto del 1928 e ieri avrebbe fatto 84 anni. Se non fosse per un infarto che lo ha stroncato il 1 ottobre 1969.
Ciao Gunnar, i grandi marcatori non muoiono mai.



lunedì 13 agosto 2012

Alan il mito


Tre secondi fa, sono letteralmente saltato! Appena ho visto che oggi è il compleanno di questo grande giocatore, mi sono subito fiondato qui a scrivere.
Comincio con un numero: 283. Come i gol segnati solo in campionato.
Ne dico un altro: 3. Come le squadre in cui ha segnato quei 283 gol.
Infine: 260. Tanto vale il suo record.
Vi dico anche dove è nato: Newcastle upon Tyne. Sì, esattamente dove c'è il Newcastle United.
E lui ci ha giocato nel Newcastle, eccome se ci ha giocato. Dieci anni per l'esattezza.
Ma è il momento di tornare indietro nel tempo. Al 1988, per l'esattezza. Quando fece il suo esordio con la maglia del Southampton contro il Chelsea.
Rimarrà per cinque stagioni nei Saints, senza lasciare troppo il segno. 43 reti in 158 presenze.
Si trasferisce al Blackburn nel 1992 e diventa uno dei migliori attaccanti d'Europa.
Segna 22 gol in 26 partite alla sua prima stagione. Poi 34 in 48. Nelle ultime due sempre 37. E sempre in meno di 50 partite. Numeri da grande attaccante.
Nel 1994/95, si laurea capocannoniere della Premier League con 34 gol eguagliando il record di Andy Cole della stagione prima. Record tutt'ora intatto: nessuno è riuscito a segnare più reti di loro due. In quella stagione vince pure il suo unico trofeo. La Premier League con il Blackburn.
Ma c'è di più. La stagione dopo ne segna 31 e si prende nuovamente lo scettro.
Nel 1996 passa alla squadra della sua città, il Newcastle, ma non perde le sue vecchie abitudini. Sigla 25 gol, che gli valgono il terzo titolo di capocannoniere consecutivo.
Nel 1997 subisce un infortunio che non gli consente di segnare come sempre. Farà solo 2 gol in 17 partite di Premier.
Ma non si perderà d'animo e alla fine i gol con il Newcastle saranno 206 in 404 partite.
Ancora più sorprendente è il dato relativo al Blackburn: 130 reti in 171 partite.
Nei club sono 379 in 733 partite.
Ma il dato più entusiasmante, sono i 260 gol fatti in Premier League tra Blackburn e Newcastle. In sole 441 presenze.
In tutto questo è riuscito pure a segnare 30 gol in 63 apparizioni con la Nazionale Inglese.
Altro dato incredibile, sono le 59 reti in 108 presenze nelle Coppe Inglesi. O i 32 gol in 56 partite europee.
Si è ritirato nel 2006, dopo essere stato uno dei più grandi attaccanti di sempre.
Il suo nome? Alan Shearer.
Oggi compie 42 anni. Auguri campione!



Inizia la stagione

Tornano i Campionati e la stagione inizia con le Supercoppe. In particolare quelle di Inghilterra e Germania, giocate tutte e due ieri.
Parto con il dire che in Inghilterra, nessuno la chiama Supercoppa. Si chiama Community Shield (scudo della comunità) ed effettivamente, è il nome più azzeccato. Infatti, tutti i proventi vengono devoluti in beneficenza.
Fino al 2002 si chiamava Charity Shield (scudo della carità), nome che ha acquisito nel lontano 1908, quando si giocò per la prima volta. A vincerlo, neanche a farlo apposta, fu il Manchester United ai danni del QPR. In totale sono 19 le vittorie dei Red Devils, ma con il "trucco". Perché il Charity/Community Shield ha avuto una particolarità. Dal 1949 al 1992, se la partita finiva in pareggio, le due squadre si dividevano il trofeo. Senza andare ai supplementari o fare il replay.
La partita di ieri tra Manchester City e Chelsea, ha posto fino ad una striscia di cinque partecipazioni consecutive da parte del Manchester United, che poteva eguagliare il suo stesso primato di sei partecipazioni.
Tornando alla partita di ieri, si può dire che il City ha dimostrato di essere la squadra da battere quest'anno. Anche se ha avuto il vantaggio di giocare con l'uomo in più per tutto il secondo tempo.
Come già detto, in Inghilterra non la chiamano Supercoppa. E hanno ragione, perché potrà avere poca importanza, ma vale più di una semplice Supercoppa.



E poi c'è la DFL-Supercup. La "Coppa dimenticata". Perché? Semplice, perché dal 1996 al 2010 non si è giocata. Salvo due volte nel 2008 e nel 2009, ma in forma non ufficiale, che si vanno ad aggiungere alle altre tre edizioni non ufficiali: nel 1940, 1976, 1982.
Si arriva quindi al 1987 e alla partita tra Bayern Monaco e Amburgo. Anche qui, manco a dirlo, il primo vincitore, risulterà anche quello con più trionfi. Il Bayern vinse 2a1. E aggiungerà altre due vittorie, che sommate con quella del 1982, fanno quattro.
Il Bayern è stato protagonista anche ieri. E si può riassumere in "FINALMENTE!". Finalmente hanno battuto il Borussia Dortmund. Era da cinque partite consecutive che perdeva. Praticamente le ultime due stagioni, inclusa la finale di Coppa.
Finalmente ha vinto e l'ha fatto anche grazie "all'inutile" Mario Mandukic. Talmente inutile da aver segnato ai Campioni di Germania dopo soli 6'. Pare essersi già integrato, vedremo.



Comunque sia, le Supercoppe son state giocate e i Campionati stanno per arrivare.
Buon 2012/13 a tutti!

domenica 12 agosto 2012

Il "mio" piede di Friedenreich

C'è un racconto, che leggo almeno una volta al mese, di cui venni a conoscenza circa sei anni fa. Più o meno quando ho iniziato a capire cosa fosse questa grande invenzione dal nome "internet".
Il racconto si intitola "Il glorioso piede di Friedenreich". Parla di questo "raduno" in un cimitero, volto a commemorare il centenario della morte di Friedrich Nietzsche, uno dei più grandi filosofi del XIX secolo.
Detto della folla, viene spiegato chi c'era tra quella gente: professori, studenti, curiosi. Poi dice che in disparte c'è un gruppo di uomini vestiti uguali: pantaloncini, calzettoni, scarpe da calcio e la maglia numero 9. Quella dei centravanti. Ma come? Che c'entrano dei calciatori nel cimitero dove è sepolto Nietzsche. Beh, il tedesco aveva portato il concetto di "superuomo". E chi meglio dei centravanti può essere considerato super?
Si parla di tre attaccanti sconosciuti, che hanno segnato parecchi gol in una sola partita ai Giochi Olimpici. E alla fine di Gerd Mueller. E in mezzo, quello di cui vi voglio parlare oggi e da cui prende nome il titolo del racconto. Arthur Friedenreich.
Ho parafrasato tre pagine di racconto, scusate. Ma volevo farvi sapere come ho conosciuto questo ragazzo brasiliano. Sì, il nome non lo direbbe, ma era brasiliano.
Ho appena guardato la data di nascita. 18 luglio 1892. E mi è venuto in mente, che io lo scorso 18 luglio, stavo parlando con un mio amico (non so se lui se lo ricorda) di calcio. Aveva letto il post su Streltsov, da lì siamo finiti a Best. E poi mi ha chiesto: fai un post su Arthur. Gli dissi che non avevo tempo, perché il giorno dopo sarei partito. Ignorando del tutto, che era il giorno del suo compleanno. Ben 120 anni.
Quindi, adesso, caro Arthur, mi sdebiterò.


Già, El Tigre. Questo era il soprannome del calciatore con più reti all'attivo.
Ma come? Non era Pelé? Eh, lunga storia. Arthur ne ha fatti 1329, o 1239? Non si saprà mai.
Ma lasciamoli stare i gol. I tanti gol fatti da Freidenreich. Li lascio stare pure io, amante delle statistiche. Perché, proprio come nel caso di Pelé, questo giocatore è il simbolo di una nazione. Guarda caso, sempre il Brasile.
Bisogna passare oltre i gol, per arrivare AL GOL. 
Rio de Janeiro. Estádio das Laranjeiras, 29 maggio 1919. Si gioca lo
spareggio per decretare il vincitore del Campionato Sudamericano delle Nazioni. Non la voglio chiamare Copa America, perché c'erano solo quattro Nazionali.
Brasile-Uruguay. Una sfida che si ripeterà nel tempo e di cui vi ho già parlato. Ma qui l'esito fu diverso. Al 122' Arthur Friedenreich segnò il gol dell'1a0 e portò il Brasile, per la prima volta, sul tetto del Sud America.
Quello che successe dopo, è in pieno stile brasiliano. Festeggiamenti a non finire per le strade di Rio. E pure un ragazzo che correva, con lo sguardo orgoglioso e un cartello "Ecco il glorioso piede di Friedenreich".





Il resto è storia. In totale giocherà in 12 club diversi. Le presenze in Nazionale saranno 17, condite da 8 reti.
Il suo stile di vita era da uomo ricco. Sempre vestito elegantemente, anche per giocare. E solito bere cognac alla vigilia delle partite, fumava sigari costosi e frequentava i locali più in.
I suoi stessi compagni lo consideravano di un altro pianeta.
Perché alla fine, lui era veramente di un altro pianeta: quello dei superuomini.






Un grazie all'autore del brano da cui ho preso decisamente spunto.

venerdì 10 agosto 2012

Jimmy e Dixie: bomber da paura

Sono storie affascinanti e perse un po' nel tempo. Sbiadite tra il bianco e il nero degli anni '20 e '30.
Ci sono tantissimi giocatori che hanno segnato valanghe di gol, soprattutto prima degli anni '80. Ma ce ne sono due di cui varrebbe la pena parlare un po'.
Inizio con il dire, che i giocatori in grado di fare 50 o più gol per due stagioni di fila, sono solamente quattro: Gerd Mueller, Cristiano Ronaldo, Lionel Messi e... Jimmy McGrory. Come scusa?
Chi è questo sconosciuto in mezzo a questi tre grandi?


Eh, in effetti non si può parlare di "grande" giocatore. Perché Jimmy, era alto solo 168 centimentri. Un po' come Messi. E proprio come l'asso argentino, avevo un talento immenso, che veniva fuori sotto porta. Inoltre veniva chiamato Mermaid (sirena), per il modo con cui sapeva usare la testa. È considerato da molti come il miglior giocatore della storia del Celtic.
I suoi 550 gol, sono un record per quanto concerne il calcio inglese. Nessuno ha fatto meglio di lui. Nemmeno il grande Alan Shearer. O The Gol Machine, Jimmy Greaves. Nemmeno... Dixie Dean. Chi?


Quando lessi per la prima volta il suo nome, me ne innamorai subito. "Dixie Dean". Suona così bene. Poi, potete immaginare, a nove/dieci anni, mi sembrava il nome di un cartone animato. E invece no. Altro che personaggio di fantasia. Questo signore qui, è stato una leggenda dell'Everton.
Ha segnato 383 gol in 433 presenze con i Toffees, di cui 310 in First Division, che lo piazzano al terzo posto tra i migliori marcatori.
Ma non solo. Nella stagione 1927/28, l'Everton vinse il campionato e Dean segnò la bellezza di 60 gol, che in Inghilterra sono ancora un record. Solo Archie Stark e Ferenc Deak, sono riusciti a fare meglio in un singolo campionato. Segnando 67 e 66 gol, rispettivamente.
E c'è di più. Due anni dopo l'Everton retrocede. Ma Dean resta, segna 39 gol, si prende lo scettro di migliore e riporta la sua squadra in First Division. Tutto qua? No! La stagione successiva, da neo-promossa, l'Everton vince il campionato, Dean segna 44 gol ed è nuovamente il migliore.
Sono queste, molto in breve, le storie di James Edward McGrory e William Ralph Dean. Due dei più grandi bomber della storia del calcio. Forse troppo dimenticati, tra il bianco e nero di quegli anni e tra il fango e il sudore, sempre più ricordi sbiaditi.
Sono storie affascinanti...

Dixie Dean mentre segna il suo 60esimo gol nella First Division 1927/28












Jimmy McGrory festeggia un gol appena siglato






Stade de Reims-Marsiglia

Oggi parte la Ligue 1. Il primo campionato, tra i più blasonati, in ordine di tempo. Il match d'esordio sarà tra i campioni in carica del Montpellier e il Tolosa.
Ma più che sulle partite che si giocheranno tra oggi e domani, vorrei concentrarmi sul posticipo di domenica sera.
Vorrei farvi due domande. Chi ha vinto la prima Coppa Campioni? Il Real, ovviamente.
E la quarta? Ancora il Real.
Quello che forse non sapete è il nome dei perdenti. In entrambi le occasioni, fu una squadra francese adesso sconosciuta: lo Stade de Reims.
La prima finale finì 4a3. E pensare che i francesi erano pure passati sullo 0a2.
L'altrà finirà 2a0.
La storia dello Stade de Reims è praticamente assurda. Hanno avuto giocatori del calibro di Kopa e Fontaine. Sono passati dall'inferno al paradiso tante di quelle volte, che ormai ne hanno perso il conto. Sono pure falliti, sono andati nei campionati più bassi. Ma loro non hanno mai mollato. E adesso, dopo 32 anni, sono tornati in Ligue 1.
Ecco perché sarà bella la Ligue 1. Per i milioni del PSG? No. Per il ritorno dello Stade de Reims!
Perciò, domenica alle 21, tutti a vedere Stade de Reims-Marsiglia. Magari non andranno lontano, ma almeno, sono tornati.


Lewis, nella storia anche senza quella vittoria

Sapete quanti sono quattro centesimi di secondo? Niente!
Ed è per quel niente che un uomo non è riuscito ad entrare nella leggenda.
Siamo a Seul, alle Olimpiadi del 1988. Il campione olimpico in carica dei 100m e dei 200m, ha già rivinto i 100m. Proprio come Bolt ha appena fatto.
Siamo alla finale dei 200m e il campione in carica finisce con il tempo di 19"79. Peccato che Joe DeLoach, abbia concluso per primo con il tempo di 19"75. Solo quattro centesimi prima.
L'uomo di cui sto parlando è Carl Lewis, il figlio del vento. E quella finale dei 200m, è l'unica in cui non ha vinto. E' arrivato dietro a uno che non avrebbe più partecipato a niente, che non avrebbe vinto più nulla. E arrivandogli dietro, non è potuto entrare nella leggenda come il primo uomo a vincere 100m e 200m per due Olimpiadi di fila. Lasciando a Bolt, 24 anni dopo, questo privilegio.
Lewis farà altri due Giochi Olimpici, in cui vincerà altre tre medaglie, tutte d'oro. E dove vincerà altre due volte il salto in lungo... per la terza e quarta volta di fila. E dove vincerà la sua decima medaglia olimpica.
Perché è questo il bello dello sport. Un giorno ti ritrovi fuori dalla leggenda per colpa di un atleta semi-sconosciuto. Mentre otto anni dopo ti ritrovi ad essere il secondo atleta a vincere una medaglia per quattro volte di fila nella stessa disciplina.
Non c'entra niente con il calcio, ma mi piacciono gli "off-topic". O forse c'entra, dato che Bolt vuole giocare nello United... chissà.


Captain Fantastic

Avete presente cos'è la cattiveria agonistica? La forza, la determinazione.
Bene, quello di cui vi parlerò oggi, è un giocatore che è stato tra i più cattivi di tutti i tempi. Nel vero senso della parola. Non si tirava mai indietro. Né a parole, né tantomeno con i fatti.
Se bisogna essere sinceri, era veramente un bastardo in campo.
Ma lui era un leader, era carismatico. Sapeva trascinare la sua squadra grazie alla sua grinta.
E tutto questo insieme di aspetti negativi, ne offuscava la tecnica, che spesso è passata in secondo piano. Ma lui ne aveva di tecnica. Era capace di usarli bene quei piedi. Semplicemente ha preferito non nascondere le sue emozioni e lasciar libero sfogo alla sua rabbia.
Certo, questo sfogo si è poi tradotto in 22 espulsioni in tre anni al Nottingham Forest. Ma cosa importa? Tanto te ti chiami Roy Keane. Non hai bisogno di altro. A te non importa niente di quello che pensano gli altri e dei cartellini dell'arbitro. A te importa vincere, ed è quello che hai saputo fare.


Dopo i tre anni al Nottingham, Keane passa al Manchester United, dove vince tutto e diventa capitano.
Sette volte la Premier League, quattro la FA Cup, quattro la Carling Cup, una Coppa Intercontinentale e una Champions League.
Ovviamente, si è portato dietro la grinta che lo contraddistingue. Non facendosi mancare episodi controversi, come quello con Alf-Inge Haaland, nel 2001, in cui Keane fece volontariamente fallo al norvegese, infortunandolo gravemente. Semplicemente perché, quattro anni prima, era successo il contrario. Ma Haaland si prendeva gioco di un dolorante Keane, dicendogli che non si era fatto niente e che era una femminuccia.
Famosi anche gli screzi con il centrocampista dell'Arsenal, Patrick Viera. Una battaglia infinita.



Chiuderà la carriera al Celtic, giocandoci pochi mesi nel 2006, prima di andare al Sunderland come allenatore.
Ha giocato anche per la sua Nazionale, quella Irlandese, non tradendo mai la sua immagine.
Una volta Sir Alex Ferguson, disse che il suo United, con Roy Keane, potrebbe vincere, nello stesso giorno, Premier League, FA Cup, Carling Cup, una gara di canoa e avere ancora le energie al massimo.
Insomma, un vero lottatore.
Cork è la seconda città dell'Irlanda, la terza dell'intera Isola, ma è famosa perché 41 anni fa, lì, vi è nato Roy Keane. Auguri Capitano!

giovedì 9 agosto 2012

Allenatore per caso

La storia di Mario Zagallo è bella. Nel 1970 diventa allenatore della Nazionale Brasiliana per sostituire Joao Saldanha. Saldanha è passato alla storia perché, alla prima conferenza stampa da allenatore del Brasile, aveva già annunciato i nomi dei 22 che si sarebbe portato in Messico. Il suo Brasile era bellissimo, giocava benissimo. Tutto troppo bello.
Era sempre stato in guerra con il presidente e alla fine, è arrivato Zagallo a portare la squadra sul tetto del mondo per la terza volta e a prendersi tutta la gloria. Proprio lui che, di altra gloria, non aveva bisogno. Perché nel 1958 e nel 1962, quando i verdeoro vinsero i loro primi due Mondiali, Zagallo era un titolare di quella squadra. Nel 1970, divenne il primo uomo a vincere il Mondiale sia da giocatore che da allenatore. E non si sarebbe fermato qui, perché nel 1997, vincerà la Copa America e la Confederations Cup. Prima di arrivare secondo ai Mondiali dell'anno dopo.
Insomma, Zagallo è diventato uno degli allenatori più vincenti solo perché Joao Saldanha era un comunista e non aveva convocato il preferito del presidente.
Eh, strana la vita. Vero?



Nato in fuorigioco

Il compito dell'attaccante, si sa, è quello di fare gol. E nella storia del calcio ci son stati attaccanti che segnavano sempre e comunque. Mi viene in mente Gerd Mueller, giusto per citarne uno. Magari questi attaccanti, verranno superati, in termini di gol fatti, da Cristiano Ronaldo e Messi, ma i due assi del calcio moderno non avranno mai quella qualità che contraddistingue gli attaccanti di razza dagli altri. E cioè, l'opportunismo.
Detto di Mueller, grande attaccante anni '60-'70 tedesco, bisognerebbe parlare del "Mueller italiano". Uno che ha fatto del superamento delle reti internazionali del tedesco, il suo obbiettivo. Parlo, ovviamente, di Filippo Inzaghi.


Super Pippo esordisce nel Piacenza a soli 18 anni, il 28 agosto 1991.
La stagione successiva va in prestito al Leffe. Poi in prestito al Verona. E la stagione dopo torna al Piacenza, dopo aver fatto 27 gol in due stagioni. Al Piacenza i gol saranno 17 in 41 partite. Dopo la buona stagione, viene notato dal Parma, dove incappa in una stagione sfortunata e segna solo 4 reti.
Ma l'Atalanta gli da fiducia e lo acquista. Super Pippo ripaga la fiducia, segna 24 gol in 33 partite di Serie A e diventa capocannoniere.
E' la stagione della svolta, perché dopo aver ben figurato con i bergamaschi, arriva la grande chanche. La Juventus.



Alla Juve rimane per quattro stagioni, segnando 89 gol in 165 partite. E risultando per tre anni di fila il miglior marcatore della squadra.


Dopo i quattro anni a Torino, si trasferisce in una delle grandi rivali della squadra bianconera: il Milan.
Qui vi rimarrà per undici stagioni, vincendo praticamente tutto. In totale segnerà 126 gol in 300 partite. E riuscirà nel suo obbiettivo: superare Gerd Mueller. I gol in Europa sono 70, secondo solo a Raul. E diventano 72 se si contano pure i due nel Mondiale per Club del 2007, che ne fanno l'unico giocatore ad aver segnato in tutte le competizioni internazionali per club.



Il palmares di Inzaghi può vantare: 3 Scudetti (uno con la Juve, due con il Milan), 3 Supercoppe (idem), 1 Coppa Italia (Milan),1 Intertoto (Juve), 1 Supercoppa UEFA, 1 Mondiale per Club e 2 UEFA Champions League, tutto con il Milan.
Oltre che con i club, ha ben figurato pure con la Nazionale Italiana, in cui ha segnato 25 gol in 57 presenze.
Il punto più alto della sua carriera l'ha raggiunto proprio con la Nazionale, quando, nel 2006, vinse il Mondiale in Germania.
I 25 gol con l'Italia, sommati ai 288 con i club e ai 3 con la Nazionale U21, fanno 316 gol in 694 partite, che ne fanno il quinto miglior marcatore italiano di sempre. Dietro a Silvio Piola, Giuseppe Meazza, Alessandro Del Piero e Roberto Baggio.
Questo è Pippo Inzaghi, uno che, a detta di Sir Alex Ferguson, "Deve essere nato in fuorigioco".
Oggi fa 39 anni, auguri!



mercoledì 8 agosto 2012

Un discorso che cambia la vita




James Patrick Murphy, detto "Jimmy". Il nome vi dirà sicuramente qualcosa. Murphy è un cognome famosissimo. Ma il Murphy di cui voglio parlarvi, in pochi lo conoscono.
È stato un calciatore non entusiasmante. Ha vestito per dieci anni la maglia del WBA, totalizzando 223 presenze e non andando mai a segno.
Insomma, non è che fosse 'sto granché di giocatore.
Ma la vita di Murphy, cambia quando tiene un discorso sul calcio a un gruppo di soldati. Niente di speciale, sia chiaro. Ma la fortuna volle, che ad ascoltare Murphy, ci fosse Matt Busby. Busby rimane talmente colpito dal discorso di Murphy, che se lo porta a Manchester e lo fa diventare suo assistente allo United.
Nel corso degli anni squadre come Arsenal e Juventus lo vorranno come allenatore, persino il Brasile. Ma lui rimarrà allo United, fino al 1971.
Intanto, è pure commissario tecnico della sua Nazionale, il Galles. Qui riesce nel miracolo di qualificarla per la prima (e sinora unica) volta alla fase finale di un Mondiale, quello svedese del 1958. Porta il Galles fino ai quarti, dove un ragazzetto di nome Edson Arantes, attaccante del Brasile futuro campione, segna e manda i gallesi a casa.
Ma poco importa, era già un grandissimo passo in avanti la sola qualificazione.
Nello stesso anno, a febbraio, l'aereo del Manchester United ebbe un incidente, dove morirono diversi giocatori e lo stesso Matt Busby rimase gravemente ferito. Toccò dunque a Jimmy portare avanti la squadra. E la portò fino alla finale di FA Cup.
Portò avanti una squadra che conosceva benissimo. Era stato lui a scoprire diversi dei talenti di quella squadra. Come lo sfortunato Duncan Edwards.
È morto nel 1989, ma la sua storia era degna di essere raccontata.
L'8 agosto 1910 a Pentre, veniva alla luce l'unico uomo in grado di portare il Galles ai Mondiali. 

Murphy e Busby


Un olandese

Aloysius Paulus Maria. Chi? Mi direte voi. Beh, forse dovrei aggiungere il soprannome "Louis" e il cognome "van Gaal". Proprio lui, Louis van Gaal, il neo tecnico della Nazionale Olandese.
Da calciatore non ha avuto un grandissima carriera. Ma da allenatore, è uno dei migliori della sua generazione.
Nel 1991 diventa ufficialmente l'allenatore dell'Ajax. Con i Lancieri vince praticamente tutto. Sia in Olanda, che in Europa.
Vi resterà fino al 1997, anno in cui andrà al Barcelona.
Nei tre anni in cui rimane in Catalogna, vince due volte la Liga. Ma non riesce mai ad affermarsi in campo continentale.
Poi decide di allenare l'Olanda per il Mondiale Nippo-Coreano del 2002. Ma si rivela un flop. Così come la sua seconda parentesi al Barça.
Torna in Olanda, come direttore tecnico dell'Ajax. Ma si dimette dopo una sola stagione, per tornare ad allenare l'AZ Alkmaar. Dove vince l'Eredivisie nel 2009.
Passa al Bayern Monaco, dove vince subito BundesLiga e Coppa di Germania. Ma perde la finale di Champions League contro un'italiana, l'Inter. Come nel 1996, quando il suo Ajax fu sconfitto dalla Juventus.
Dopo la seconda brutta stagione in Baviera, torna all'Ajax come direttore tecnico. Ma degli screzi con Johan Cruijff, ne hanno impedito il ritorno.
Adesso si trova a guidare nuovamente la Nazionale Olandese, forte dei suoi mezzi e delle potenzialità della squadra.
L'8 agosto 1951 nasceva Louis van Gaal. Auguri!

martedì 7 agosto 2012

L'ucraino del Milan

Mi ricordo di quando ero bambino e guardavo le partite di calcio della Serie A. Le due protagoniste erano loro: Juventus e Milan. E tutte e due potevano vantare su due grandi attaccanti. I Bianconeri avevano Del Piero e Trezeguet. I Rossoneri Inzaghi e Shevchenko. Ed è proprio di quest'ultimo che vi voglio parlare.
Lo scorso 28 luglio ha detto di voler lasciare il calcio per dedicarsi alla politica. Ma questa è una cosa che si sapeva già. Si sapeva già che la carriera di Sheva era finita il 19 giugno, al termine di Inghilterra-Ucraina 1a0, valevole per gli Europei.
È stato un triste addio. Un addio a uno dei più forti attaccanti degli anni 2000. Capace di fare meraviglie tra Dinamo Kiev, Milan e Nazionale Ucraina.
Dopo tre stagioni di gavetta nelle giovanili della Dinamo, diventa titolare nella stagione 1995/96, timbrando il cartellino 22 volte in 44 gare.
Rimarrà in Ucraina per le successive tre stagioni, prima di approdare al Milan nel 1999.
Conclude la sua prima stagione in Rossonero con 24 gol in 32 partite di Campionato.
Nel Milan continua a segnare e a vincere. Fino al 2006, anno in cui si trasferisce al Chelsea.
Rimane a Londra per due stagioni, senza mai entusiasmare.
Nel 2008 torna, in prestito, al Milan. ma non è più lo Sheva di un tempo e chiude la stagione con la miseria di 2 gol.
Fa ritorno al Chelsea, in cui gioca un'ultima partita di Premier, prima di raggiungere nuovamente la Dinamo Kiev.
Passerà altre tre stagioni in Ucraina. Segnando altre 30 reti.
In totale sono 136 in 267 partite con la Dinamo. Ha segnato 175 volte in 322 presenze con il Milan. Al Chelsea ha avuto meno fortuna, segnando comunque 22 gol nelle sue 77 gare.
Il totale dei club è di 354 gol in 721 partite.
Vanta 111 presenze nella Nazionale Ucraina (secondo nella classifica) e 48 gol, che ne fanno il miglior marcatore.
Le sue 67 reti nelle Competizioni UEFA per Club, ne fanno il terzo miglior marcatore dietro solo a Inzaghi e Raul.
Il suo palmares è uno dei più ricchi, potendo vantare, tra gli altri: 5 Campionati Ucraini, 1 Campionato Italiano, 1 Coppa Italia, 1 FA Cup, 1 Carling Cup e una UEFA Champions League.
Nel 2004 è stato inserito da Pelé nel suo FIFA 100. A dicembre dello stesso anno, gli verrà dato il Pallone d'Oro, quale miglior giocatore europeo dell'anno.
Quando si ritirano questi calciatori, è sempre brutto. Sia che abbiano giocato per la tua squadra, sia per quella rivale.
Sheva è stato un grandissimo giocatore ed è giusto rendergli omaggio.