venerdì 31 maggio 2013

15 giorni per entrare nella storia


Cosa sono 15 giorni a dispetto di una carriera lunga 14 anni? Niente. Ma se in quel mezzo mese si giocano i Mondiali di calcio, allora la storia la cambia.
30 maggio 1962 - 17 giugno 1962, i Mondiali cileni verranno decisi in questi giorni. 
Il primo giorno si giocano quattro partite in contemporanea alle 15, ma ovviamente solo una di queste a Santiago, sede della finale: Cile-Svizzera 3-1. Il 17 giugno si gioca la finalissima a Santiago: Brasile-Cecoslovacchia.
Il Brasile era campione in carica, la Cecoslovacchia era tornata alla gloria dopo anni bui. In cabina di regia, l'uomo più rappresentativo di quella nazionale, Josef Masopust; in porta Vilian Schroif. Non un fenomeno come il suo compagno, ma semplicemente un portiere che ha vissuto due settimane magiche.
L'esordio della Cecoslovacchia è previsto per il 31 maggio, sulla loro strada la temibile Spagna allenata da Helenio Herrera. Del Sol, Gento, Martinez, Puskas, Suarez, ci provano tutti, ma Schroif non si fa mai superare. All'80' arriva la beffa firmata Stibranyi e la Cecoslovacchia inaugura bene il proprio Mondiale. La seconda partita è contro il meraviglioso Brasile di Pelé e Garrincha. Il primo si infortuna, il secondo non riesce ad incidere e i cechi ringraziano, strappando un ottimo pareggio. Con i giochi ormai chiusi, la nazionale di Vytlacil si concede un po' di "vacanza", lasciando la gloria al Messico, che dopo 13 partite e zero vittorie, trova i suoi primi due punti al Mondiale. Finisce 3-1 per i verdi, ma è la Cecoslovacchia ad andare ai quarti, dove ci saranno i terribili magiari di Albert e Tichy ad attenderla. Il copione è già visto, con l'Ungheria che non riesce a metterla dentro, complice l'ennesima giornata di grazia di Schrojf. A Tichy viene pure annullato un gol per un fuorigioco quantomeno dubbio, ma quel giorno doveva andare così. L'1-0 di Scherer al 13' reggerà fino alla fine, garantendo alla sua squadra la qualificazione alla semifinale. La Jugoslavia, magari più forte tecnicamente dei cechi, è stremata e stanca. La Cecoslovacchia lo sa bene e sfrutta la maggior freschezza per mettere sotto Skoblar e compagni, che a '10 dalla fine cedono definitivamente. L'eroe è ancora Scherer con una doppietta che sancisce il 3-1 finale: dopo 28 anni la Cecoslovacchia si giocherà nuovamente il titolo. Gran parte dei meriti vanno a super Willy Schrojf, autentico muro in mezzo ai pali. 
Ed eccoci arrivati alla finale, la partita più importante, quella che permetterà solo a pochi eletti di poter scrivere il proprio nome nella storia della competizione. Da una parte c'è Garrincha, graziato dalla FIFA dopo l'espulsione nella semifinale contro il Cile. Dall'altra Masopust e Schrojf: dal primo si attendono le giocate per sbloccare il risultato, dal secondo la partita della consacrazione. 
Masopust non ci mette molto a far capire ai brasiliani che la partita sarà tutt'altro che una passeggiata e già al 15' segna l'1-0. Il Brasile però non si arrende e inizia a giocare come sa. Un minuto dopo si è già dall'altra parte con Amarildo che calcia dalla linea di fondo e la mette proprio in quell'angolino non coperto da Schrojf: è finito l'incantesimo? 
Zito e Vavà confermano la partita-no del portiere ceco. Prima un'uscita a vuoto, poi un eccesso di confidenza da parte di Schrojf, spalancano la porta ai due brasiliani. Finisce 3-1 e il Brasile torna sul tetto del mondo, agganciando Italia e Uruguay a quota due titoli.
Per la Cecoslovacchia rimane solo il grande rimpianto di essere arrivata fino alla finale e di essersela giocata fino in fondo, riuscendo ad andare pure in vantaggio, prima di essere tradita dall'uomo che più aveva sorpreso.


A fine anno Josef Masopust verrà premiato con il Pallone d'Oro, quale miglior calciatore europeo, rendendo meno amaro il suo 1962.
Viliam Schrojf si ritirerà quattro anni più tardi, da perfetto sconosciuto, senza aver mai fatto grandi cose.
Ma verranno per sempre ricordati i suoi 15 giorni di gloria. Gli stessi che lo hanno fatto entrare nella storia, anche da perdente. 


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