venerdì 29 novembre 2013

Capocannonieri della Coppa Campioni (1964-1969)

Vladica Kovačević: 7 gol nel 1963/64 con la maglia del Partizan Belgrado. Nel primo turno segna due gol all'Anothosis all'andata e uno al ritorno. Agli ottavi ne segna quattro in casa contro il Jeunesse Esch. Nei quarti viene eliminato dall'Inter futuro campione.












Sandro Mazzola: 7 gol nel 1963/64 con la maglia dell'Inter. Agli ottavi segna due gol in casa del Monaco. Ai quarti ne segna un altro in casa del Partizan. In semifinale segna sia in casa che fuori contro il Borussia Dortmund. Nella finale contro il Real Madrid è il vero eroe, siglando la doppietta decisiva nel 3.1 finale e permettendo all'Inter di diventare campione d'Europa.











Ferenc Puskas: 7 gol nel 1963/64 con la maglia del Real Madrid. Nel primo turno segna un gol in casa dei Rangers, siglando una tripletta al ritorno. Segna ancora agli ottavi in casa contro la Dinamo Bucarest. Nei quarti contro il Milan segna nuovamente in casa. Ancora in gol in Spagna contro lo Zurigo. In finale perde contro l'Inter.












José Augusto Torres: 9 gol nel 1964/65 con la maglia del Benfica. Nel primo turno ne segna quattro in casa dell'Aris, andando in gol anche al ritorno. Negli ottavi segna un gol in casa del Chaux-de-Fonds, segnando anche al ritorno. In semifinale fa una doppietta in casa al Vasas. Perde in finale contro l'Inter.










Eusébio: 9 gol nel 1964/65 con la maglia del Benfica. Nel primo turno segna in casa dell'Aris, siglando una doppietta al ritorno. Negli ottavi segna in casa con il Chaux-de-Fonds. Nei quarti segna una doppietta in casa con il Real Madrid, timbrando il cartellino anche al ritorno. In semifinale fa una doppietta in casa al Vasas. Perde in finale contro l'Inter.

Eusébio: 7 gol nel 1965/66 con la maglia del Benfica. Nel primo turno ne segna quattro in casa contro lo Stade Dudelange. Agli ottavi sigla una doppietta in casa del Levski Sofia, andando a segno anche al ritorno. Ai quarti si arrende al Manchester United.





Florian Albert: 7 gol nel 1965/66 con la maglia del Ferencváros. Segna un gol in casa del Keflavik al primo turno, mentre al ritorno ne segna addirittura cinque. Agli ottavi segna in casa del Panathinaikos. Ai quarti viene eliminato dall'Inter.










Paul van Himst: 6 gol nel 1966/67 con la maglia dell'Anderlecht. Segna solo nel primo turno: prima cinque in casa dell'Haka e poi uno al ritorno. Agli ottavi viene eliminato dal Dukla Praga.













Eusébio: 6 gol nel 1967/68 con la maglia del Benfica. Nel primo turno segna un gol importantissimo in casa del Glentoran. Agli ottavi segna contro il Saint-Ètienne in casa. Ai quarti mette a segno una doppietta in casa contro il Vasas. In semifinale ne segna uno in casa e uno fuori contro la Juventus. In finale si arrende al Manchester United.










Denis Law: 9 gol nel 1968/69 con la maglia del Manchester United. Nel primo turno segna una tripletta all'andata e una quaterna al ritorno contro il Waterford United. Agli ottavi mette a segno una doppietta in casa contro l'Anderlecht. In semifinale viene eliminato dal Milan futuro campione.









Riassunto delle edizioni: Nel 1964 e nel 1965, l'Inter continua il ciclo italiano avviato dal Milan la stagione precedente. Grazie a giocatori come Mazzola, Corso, Jair, la squadra di Herrera porta a casa due volte la Coppa, facendo fuori squadre come Real Madrid e Benfica. Nel 1966 è proprio il Real a tornare campione, non sapendo che avrebbe dovuto poi attendere altri 32 anni per tornare campione. Nel 1967 e nel 1968 sono due britanniche a spezzare questo dominio mediterraneo: prima ci pensa il Celtic con una squadra composta da giocatori provenienti dalle zone limitrofe a Glasgow e con in panchina Jock Stein, poi è il turno del Manchester United, che grazie a Best, Law e Charlton, guidati dal mitico Sir Matt Busby, spazza via il Benfica. Sei anni dopo il primo trionfo, è ancora il Milan ad aggiudicarsi la coppa nel 1969, raggiungendo l'Inter a quota a due. Protagonista assoluto Pierino Prati, che segna l'ultima tripletta in finale a tutt'oggi. Quell'anno viene strapazzato l'Ajax, ma nel giro di qualche mese le cose sarebbero cambiate.

Squadra simbolo: Inter; tra il 1963 e il 1965 la squadra di Herrera è stata senza dubbio la migliore d'Europa, potendo contare su giocatori come Mazzola, Suarez, Jair, Corso. Grazie alle ottime strategie del tecnico argentino, l'Inter vinse due Coppa Campioni consecutive, scrivendo il suo nome nel libro della storia.

Giocatore simbolo: George Best; non me ne voglia Eusébio (forte di due finali perse e di tre titoli di capocannoniere), ma gli anni '60 sono stati quelli della rivoluzione e chi meglio del Quinto Beatle può essere il simbolo di quella generazione? Venuto fuori a soli 17 anni nel 1963, pian piano si dimostra un giocatore fantastico. La consacrazione arriva proprio contro in casa del Benfica di Eusebio: una doppietta di Best aiuta lo United a sbancare il da Luz, dove i lusitani non avevano mai perso, 5-1. Due anni più tardi arriva la conferma definitiva. Ancora il Benfica sulla sua strada, ma stavolta si gioca la finale. A Wembley sigla il 2-1. Charlton e Kidd fanno il resto. United campione, Best Pallone d'oro a fine anno. Continuerà su questi livelli ancora per un annetto, poi si perderà e delle sue notti europee resterà solo un triste ricordo.

Albo d'oro: 
1963/64: Inter-Real Madrid 3-1 (Mazzola 43' e 76', Milani 62'; Felo '69); 27 maggio 1964 Praterstadion, Vienna;

1964/65: Inter-Benfica 1-0 (Jair 42'); 27 maggio 1965 San Siro, Milano

1965/66: Real Madrid-Partizan Belgrado 2-1 (Amancio 70', Serena 76'; Vasovic 55'); 11 maggio 1996 Heysel, Brussels 

1966/67: Celtic-Inter 2-1 (Gemmell 63', Chalmers 84'; Mazzola 7' rig); 25 maggio 1967 Stadio Nazionale di Jamor, Lisbona

1967/68: Manchester United-Benfica 4-1 (Charlton 55' e 100', Best 97', Kidd 98'; Graça 80'); 29 maggio 1968 Wembley, Londra

1968/69: Milan-Ajax 4-1 (Prati 7', 40' e 75', Sormani 67'; Vasovic 60' rig); 28 maggio 1969 Santiago Bernabéu, Madrid

mercoledì 20 novembre 2013

Ronaldo in, Ibra out

Russia, Israele, Azerbaigian, Irlanda del Nord e Lussemburgo. Alzi la mano chi, a vedere questi nomi accostati a quelli del Portogallo, ha pensato anche solo per un istante che i lusitani non avrebbero concluso davanti a tutti. Penso nessuno. Il girone di qualificazione, però, l'ha vinto la Russia, precedendo di un solo punto il Portogallo, che è stato dunque costretto a giocarsi i play-off.  Dall'urna è uscito il nome della Svezia: di nuovo Ronaldo contro Ibra, come in Manchester United-Inter, Real Madrid-Barcellona, Real Madrid-Milan. Altra sfida: alzi la mano chi ha pensato che non sarebbero stati loro due a decidere questo scontro. Qui proprio nessuno la alza, vero?
Ora veniamo alla partita. Anzi, alle partite. L'andata, giocata all'Estadio da Luz di Lisbona, l'ha vinta il Portogallo. Cross di Veloso e testa, neanche a dirlo, di Cristiano Ronaldo. 1-0 e ci vediamo a Solna. Quattro giorni dopo si gioca il ritorno in terra svedese. Prima della partita Ibra ne spara una grossa affermando che "Solo Dio sa come finirà questa partita", proseguendo con un "Ce l'hai davanti". Eh, il solito Zlatan! Solito, certo: tante parole, ma anche tanti fatti. Due gol in 4' e Svezia avanti 2-1, con un solo gol a separarla dal Brasile. Poi, però, risale in cattedra Ronaldo, che fa anche meglio: due gol in pochi secondi. Svezia-Portogallo 2-3. L'altra rete, tanto per cambiare, l'ha messa dentro l'asso del Real Madrid. Sono 47 con la maglia della sua Nazionale. Agganciato Pauleta, che dovrà presto dire addio al record.
Ora torniamo indietro e pensiamo che quel Israele-Portogallo sia terminato 1-0 e non 1-1. Aggiungiamo due punti ai lusitani e portiamoli a 23, contro i 22 della Russia. Ecco, Ronaldo in Brasile e Russia agli spareggi. I russi pescano sempre la Svezia. Io non faccio il veggente, ma ripeto il giochino: alzi la mano chi pensa che la Svezia non possa battere la Russia. Bene. Ora vi pongo una domanda: meglio vedere Kerzhakov o Ibra al Mondiale?
Io la mia risposta ce l'ho. Voi avrete, sicuramente, la vostra. Non sono un veggente, ripeto, ma penso che le risposte siano uguali.
Ora torniamo a noi, ad ora, al Pallone d'oro. È vero, Cristiano Ronaldo ha mandato (quasi) da solo la sua Nazionale in Brasile, ma se avesse iniziato già durante il girone ad essere così decisivo? Se avesse fatto vincere già contro Israele e l'Irlanda del Nord il suo Portogallo? È indubbiamente stato decisivo, ma non poteva esserlo anche prima? Certo che poteva ed è proprio per questo che mi arrabbio; perché a quest'ora il Portogallo avrebbe potuto vincere il girone facilmente; perché a quest'ora ci sarebbe stato Svezia-Russia e non Svezia-Portogallo; perché a quest'ora, ne sono sicuro, ci sarebbe la Svezia ai Mondiali al posto della Russia; perché io, e penso anche voi, preferisco Ibra a Kerzhakov. In fondo, io, penso che abbia ragione Zlatan Ibrahimovic: che Mondiale sarà senza un personaggio del genere? Solo Dio lo sa, vero Ibra?


lunedì 18 novembre 2013

Capocannonieri della Coppa Campioni (1960-1963)

Ferenc Puskas: 12 gol nel 1959/60 con la maglia del Real Madrid. L'ungherese inizia forte, segnando una tripletta agli ottavi contro il Jeunesse Esch, timbrando una volta il cartellino anche nel ritorno. Nei quarti segna un gol contro il Nizza nella gara di ritorno in Spagna. In semifinale, nel derby contro il Barcellona, segna una volta in casa, per poi siglare una doppietta anche al Camp Nou. Con il titolo di capocannoniere già in tasca, nella finale contro l'Eintracht Francoforte, mette a segno una quaterna: record dei record, mai più eguagliato.

José Aguas: 11 gol nel 1960/61 con la maglia del Benfica. I portoghesi interrompono l'egemonia del Real Madrid, e gran parte del merito va a questo giocatore: subito in gol nel turno preliminare in casa degli Hearts, seguito da una doppietta al ritorno. Agli ottavi fa due gol in casa contro l'Ujpest. Nei quarti sigla una doppietta contro l'AGF, ripetendosi al ritorno con un'altra marcatura in casa dei danesi. In semifinale segna sia in casa che fuori contro il Rapid Vienna. Nella finale iberica contro il Barcellona segna l'1-1: alla fine la sua squadra vincerà 3-2.


Justo Tejada: 7 gol nel 1961/62 con la maglia del Real Madrid. Nel primo turno segna due gol fuori casa contro il Vasas, seguiti da un gol al ritorno. Negli ottavi segna un gol in casa del Boldklubben. Ai quarti segna un gol alla Juventus nella terza partita, quella di spareggio dopo il doppio 1-0 delle partite "normali". In semifinale segna una doppietta allo Standard Liegi. Perderà la finale 5-3 contro il Benfica.





Heinz Strehl: 7 gol nel 1961/62 con la maglia del Norimberga. Inizia con una doppietta nei preliminari contro il Drumcondra, mentre al ritorno ne farà addirittura tre. Agli ottavi segna in casa del Fenerbahce. Viene eliminato dal Benfica ai quarti, pur vincendo la partita d'andata, in cui sigla il suo ultimo gol.






Bent Lofqvist: 7 gol nel 1961/62 con la maglia del Boldklubben. Segna tutti i gol nel primo turno: prima due in casa del Spora Luxemburg, a cui riserva, poi, una cinquina al ritorno. Sulla sua strada incontrerà il Real Madrid agli ottavi, che lo farà fuori facilmente.










Alfredo Di Stéfano: 7 gol nel 1961/62 con la maglia del Real Madrid. Nel ritorno dei preliminari segna una doppietta al Vasas. Agli ottavi, sempre al ritorno e sempre in casa, rifila una tripletta al Boldklubben. Ai quarti segna il gol vittoria in casa della Juventus. Segna il suo ultimo gol nella semifinale d'andata contro lo Standard Liegi. In finale perderà 5-3 contro il Benfica.
















Ferenc Puskas: 7 gol nel 1961/62 con la maglia del Real Madrid. A secco nel primo turno, sigla una doppietta agli ottavi contro il Boldklubben, rifilandogli un gol anche al ritorno. Rimane poi a secco fino alla semifinale di ritorno contro lo Standard Liegi. In finale si esalta e segna una tripletta, ma non basta: il Benfica vince 5-3. 



José Altafini: 14 gol nel 1962/63 con la maglia del Milan. Record per l'italo-brasiliano: nei preliminari ne rifila cinque all'Union Luxemburg, ripentendosi al ritorno con una tripletta. Ai quarti segna in casa del Galatasaray, aggiungendo un'altra tripletta al ritorno. In semifinale si ferma, ma per la finale è carico: è sua la doppietta che stende il Benfica, coronando il Milan campione d'Europa.






Riassunto delle edizioni: Le prime quattro edizioni degli anni '60 continuano a parlare iberico. Il Real Madrid completa la sua cinquina, con una finale da favola contro l'E. Francoforte, vinta per 7-3: Di Stéfano ne mette dentro tre, ma è Puskas l'eroe di giornata, grazie alla sua quaterna, che è ancora oggi nel libro dei record. Nel biennio successivo il Benfica riesce a spezzare il dominio dei Blancos, grazie ad una squadra dall'indubbio valore, a cui si aggiunge il mitico Béla Guttmann in panchina. Prima è il Barcellona ad arrendersi ad Aguas e compagni, l'anno dopo è il Real Madrid, che nulla può contro il fenomenale Eusébio. Nel 1963 la storia cambia e la Coppa (dopo sette anni) lascia la penisola iberica. Il Benfica prova a vincere la terza edizione di fila, ma Altafini e il Milan hanno altri programmi: Cesare Maldini alza la prima Coppa Campioni vinta da una squadra italiana.

Squadra simbolo: Benfica; grazie alle tre finali consecutive, i portoghesi di Béla Guttmann entrano di diritto nel libro del calcio. I protagonisti sul campo sono José Aguas, capitano dei due successi del 1961 e 1962, Mario Coluna, che erediterà la fascia, Cavém, José Augusto ed ovviamente Eusébio, giocatore chiave per la conquista del secondo titolo.





Giocatore simbolo: Ferenc Puskas; è vero che le primavere superavano ormai la trentina, ma l'ungherese continuava a stupire tutti. Bomber implacabile, si è portato a casa due titoli di capocannoniere (non sarebbero stati gli unici), segnando una quaterna e una tripletta, vincendo anche la Coppa nel 1960, dopo quella vinta l'anno prima.




Albo d'oro:
1959/1960: Real Madrid-Eintracht Francoforte 7-3 (Di Stéfano 27', 30' e 72', Puskas 45', 54', 60', e 70'; Kress 19', Stein 71' e 75'); 18 maggio 1960 Hampden Park, Glasgow;

1960/61: Benfica-Barcellona 3-2 (Aguas 30', Ramallets o.g. 30', Coluna 54'; Kocsis 20', Czibor 75'); 31 maggio 1961 Wankfdorstadion, Berna;

1961/62: Benfica-Real Madrid 5-3 (Aguas 25', Cavém 34', Coluna 51', Eusébio 65' e 68'; Puskas 17', 23' e 38'); 2 maggio 1962 Stadio Olimpico, Amsterdam;

1962/63: Milan-Benfica 2-1 (Altafini 58' e 70'; Eusébio 19); 22 maggio 1963 Wembley, Londra

domenica 17 novembre 2013

Capocannonieri della Coppa Campioni (1956-1959)

Milos Milutinovic: 8 reti nel 1955/56 con la maglia del Partizan Belgrado. Segnò due reti nella prima partita in assoluto contro lo Sporting Lisbona (ottavi) in casa dei portoghesi. In seguito rifilò una quaterna nella partita di ritorno e un'altra doppietta nell'andata dei quarti contro il Real Madrid, poi futuro campione.






Dennis Violet: 9 gol nel 1956/57 con la maglia del Manchester United. Segnò un gol in casa dell'Anderlecht e ben quattro nel ritorno all'Old Trafford (10-0) nel turno preliminare. Negli ottavi fece una doppietta al Borussia Dortmund in casa. Nei quarti segnò un gol sia in casa che in trasferta contro l'Athletic Bilbao. In semifinale incontrò il Real Madrid e venne eliminato dai futuri campioni.













Alfredo Di Stéfano: 10 gol nel 1957/58 con la maglia del Real Madrid. I Blancos vincono per la terza volta consecutiva e devono dire (ancora) grazie all'argentino: doppietta agli ottavi in casa del Royal Antwerp; quattro gol in casa nel derby contro il Siviglia ai quarti; tripletta in casa contro il Vasas in semifinale; e l'1-1 in finale contro il Milan. Finirà 3-2 per il Real Madrid.














Just Fontaine: 10 con nel 1958/59 con la maglia dello Stade de Reims. Pronti-via e arriva già una quaterna in casa dell'Ards nel turno preliminare, seguita da una doppietta al ritorno, in Francia. Agli ottavi arrivano altri due gol in casa dell'HPS Helsinki. Altra doppietta ai quarti in casa contro lo Standar Liegi. In semifinale rimane a secco e nella finale contro il Real Madrid (in una rivincita del 1956) sono ancora gli spagnoli ad uscire vincitori (2-0).




Riassunto delle edizioni:

Le quattro edizioni della Coppa Campioni svoltesi negli anni '50, hanno visto il Real Madrid C.F. scrivere la storia. La squadra spagnola, grazie a giocatori come Alfredo Di Stéfano, Raymond Kopa, Francisco Gento, Miguel Muñoz, Héctor Rial, riesce a far fuori qualsiasi avversario gli si presenti davanti. Nel 1956 e nel 1959 sono i francesi dello Stade de Reims ad arrendersi in finale, nel 1957 e nel 1958 è toccato alle italiane Fiorentina e Milan. 
Altra squadra in grande ascesa fu il Manchester United di Sir Matt Busby, semifinalista nel 1957 e nel 1958; purtroppo in quello stesso anno l'aereo che da Monaco di Baviera doveva riportare a casa la squadra, ebbe un incidente, causando la morte di otto giocatori.

Squadra simbolo: Real Madrid; ovviamente sono i Blancos la squadra simbolo degli anni '50. Gli artefici in panchina della supremazia delle Merengues, sono José Villalonga (1956 e 1957) e Luis Carniglia (1958 e 1959), anche se con una squadra così era davvero difficile sbagliare.

Giocatore simbolo: Alfredo Di Stéfano; l'attaccante di origine argentina era ormai sulla trentina, ma è stato lui l'anima del Real Madrid. Sempre presente nei momenti decisivi, come dimostrano le quattro reti in altrettante finali. E non sarebbero state le uniche... 







Albo d'oro:
1955/56: Real Madrid-Stade de Reims 4-3 (Di Stéfano 14', Rial 30' e 79', Marquitos 67'; Leblond 6', Templin 10', Hidalgo 62'); 13 giugno 1956 Parco dei Principi, Parigi;

1956/57: Real Madrid-Fiorentina 2-0 (Di Stéfano rig. 69', Gento 76'); 30 maggio 1957 Santiago Bernabéu, Madrid;

1957/58: Real Madrid-Milan 3-2 d.t.s. (Di Stéfano 74', Rial 79', Gento 107'; Schiaffino 59', Grillo 78'); 28 maggio 1958 Heysel, Bruxelles;

1958/59: Real Madrid-Stade de Reims 2-0 (Mateos 2', Di Stéfano 47'); 3 giugno 1959 Neckarstadion, Stoccarda

giovedì 14 novembre 2013

Io ci credo!


Non sono mai stato un amante del Ranking FIFA, né di quello UEFA, però vorrei partire proprio da un dato: l'Islanda, a giugno 2012, era al 131° posto nella classifica delle nazioni. Ora vi occorre sapere che in totale sono 207 e che agli ultimi posti troviamo nazioni come Mongolia, Isole Vergini, Seychelles e altri stati in cui, magari, sarà bello andare a farsi una vacanza, non di certo vedere una partita di calcio. L'Islanda, invece, oltre che essere una terra davvero splendida (parere personale), ha una tradizione calcistica sicuramente superiore a quella del Suriname (attuale numero 131). Ovvio, son sempre l'Islanda, e di soddisfazioni ne hanno avute ben poche, ma quest'anno potrebbe essere l'anno giusto. 
Ora l'Islanda è al 46° posto nel Ranking FIFA, complici gli ottimi risultati ottenuti nelle Qualificazioni al campionato del mondo del 2014, in cui gli uomini di Lars Lagerbäck sono arrivati secondi alle spalle della Svizzera, disputando delle buone gare, seppur con brutte battute d'arresto (sconfitta con Cipro), ma mostrando delle ottime potenzialità, soprattutto in giocatori come Kolbeinn Sigþórsson, giovane attaccante dell'Ajax, e Gylfi Sigurðsson, centrocampista offensivo del Tottenham Hotspur; entrambi a quota 4 gol segnati nel girone, dietro solo allo sloveno Novakovic. Gli Strákarnir okkar (i nostri ragazzi), soprannome della Nazionale Islandese, si affideranno soprattutto a loro per riuscire a superare la Croazia negli spareggi e scrivere il loro nome nella storia. Infatti l'Islanda mai si è qualificata ad una competizione internazionale e questa potrebbe davvero essere la volta giusta. 
Sono passati 66 anni dall'esordio contro la Norvegia a Reykjavík (partita persa 4-2) e oggi più che mai la Nazionale Islandese può fare il vero salto di qualità e partecipare ai prossimi Mondiali. Certo, in Brasile sarà tutta un'altra storia, ma già arrivarci sarebbe una splendida vittoria.
Forza Islanda, io ci credo!


La Nazionale Islandese festeggia dopo aver raggiunto i play-off per il Mondiale

mercoledì 13 novembre 2013

Greaves, Francis, Bale e la crescita del calciomercato


Gareth Bale, nell'ultima finestra di calciomercato, si è trasferito dal Tottenham Hotspur al Real Madrid per una cifra compresa tra i 91 e i 100 milioni di euro. La cifra esatta non è stata resa nota, ma ormai Bale è diventato per tutti "Mister 100 milioni", perché per tutta l'estate sull'asse Londra-Madrid si è trattato su questa base, con punte di addirittura 145 milioni; numeri impressionanti! Impressionanti soprattutto qui in Italia, dove solo il Napoli è riuscito a sborsare tanti soldi per un giocatore (Higuain è arrivato per 40 milioni proprio dal Real Madrid), ma solo grazie alla vendita di Cavani al PSG, che ha praticamente in rosa solo giocatori provenienti dalla Serie A. In giro per l'Europa non sono stati da meno: basti pensare ai 50 milioni pagati dall'Arsenal al Real Madrid per avere Mesut Özil, che si è visto incredibilmente relegato in panchina dopo gli arrivi di Isco e, appunto, Gareth Bale. Per alcuni è stato strapagato, in quanto non pensano che valga tutti quei soldi. E in effetti il gallese non ha iniziato alla grande la sua avventura spagnola: tra infortuni e un ambientamento difficile, non è riuscito sin da subito a dare il meglio di sé, finendo per essere schiacciato dal peso di quei "100 milioni". Era proprio questo il rischio di prendere un giocatore per quella cifra, il rischio di vederlo soffocato dalla sua nuova etichetta, il rischio di dover comunque dimostrare di valerli quei soldi; perché a volte non basta essere bravi, a volte bisogna superarsi e reinventarsi. Bale è sicuramente un grande giocatore, ma è anche vero che non è un campione e che quei soldi, quei tanti soldi, non li vale, semplicemente perché per superarsi e reinventarsi devi essere un campione in senso assoluto e l'ex Tottenham non lo è. È forte, ma non vale 100 milioni: lo sanno tutti e lo sapeva anche Florentino Perez; ma vuoi mettere il vanto di avere i due giocatori più pagati di sempre in rosa con l'avere "solamente" un Bale pagato 40-50 milioni? Non sia mai, perché ormai conta più la forma che la sostanza e gli affari a buon mercato vengono visti con riluttanza. Poi però guardi in Italia e trovi la Juventus che ha pagato uno dei migliori centrocampi d'Europa (Pirlo, Vidal, Pogba, Marchisio) la misera somma di 10 milioni. Ah, ma allora c'è ancora qualcuno che non si perde in inutili trattative milionarie, o forse, più semplicemente, in Italia non ci sono i soldi e allora si fa di necessità virtù? La seconda alternativa ha più senso. E forse la risposta di tutti questi discorsi sul calciomercato è proprio contenuta in quella parola: senso. Perché chi riesce a capire qualcosa in tutti questi giri di soldi è bravo. E se è vero che adesso ci sono più soldi rispetto agli anni passati, è anche vero che prima venivano usati meglio e con più moderazione; perché infondo Bale non ha ancora dimostrato nulla e difficilmente sarà lui l'uomo decisivo per le sorti del Real Madrid. Il gallese passerà alla storia come uno strapagato, vedendo passare in secondo piano tutte le sue indubbie doti tecniche. Quindi faccio una domanda: siamo sicuri che Bale abbia fatto bene ad andare al Real Madrid in queste condizioni? Solo il tempo ce lo dirà.

Adesso torniamo indietro fino agli anni '60. Rimaniamo sempre in Inghilterra, sempre a Londra, per parlare proprio di un calciatore londinese: Jimmy Greaves. Bastano tre parole per descriverlo: The goal machine. Macchina da gol. Con i suoi 44 gol in appena 57 apparizioni, è il terzo cannoniere della Nazionale Inglese, dietro solo a Bobby Charlton e Gary Lineker. Bomber di razza, detiene il record di gol segnati in First Divison: 357 in 516 partite. Ha sempre giocato in squadre della sua città, fatta eccezione per la parentesi italiana al Milan. Nel club rossonero non riuscirà ad ambientarsi e verrà rispedito a casa in pochi mesi. Il suo rendimento comunque parla per lui: 12 partite 9 gol. Menomale che non si era ambientato! Nel 1961, dopo quattro anni al Chelsea e qualche mese al Milan, è il Tottenham a farsi avanti per lui. Qui i dettagli dell'acquisto si sanno e sono entrati nella leggenda: 99,999 £. Solamente una Sterlina sotto le 100,000. Il motivo di questa curiosa cifra? Bill Nicholson, allenatore degli Spurs, non voleva caricare Greaves della pressione per essere il primo giocatore ad essere pagato 100,000 Sterline. Secondo il vecchio Jimmy, però, le cose sono andate diversamente: era lo stesso Nicholson che non voleva essere il primo manager a comprare un giocatore ad una cifra così alta. Fatto sta, che Jimmy Greaves è diventato il cannoniere più prolifico nella storia del club di Londra, portando a casa due FA Cup, due Charity Shield e una Coppa delle Coppe in cui, manco a dirlo, si laureò capocannoniere. Alla voce First Divison lo spazio rimane vuoto: un grande peccato per un giocatore così forte. Si consolerà nel 1966 con la vittoria del Mondiale, anche se un infortunio lo terrà fuori dal campo per tutta la parte centrale della competizione, fino alla finale in cui vedrà il suo sostituto, Geoff Hurst, segnare l'unica tripletta in un atto decisivo. Jimmy tornerà a casa da campione, ma con la coda tra le gambe e senza la maglia da titolare dei Three Lions. Poco importa per The goal machine, perché ormai aveva dimostrato a tutti che quelle 100,000 £ le valeva tutte, figuriamoci 99,999!

Jimmy Greaves con la medaglia di campione del mondo nel 1966
Quasi vent'anni dopo una storia simile si ripete con Trevor Francis. Non il miglior attaccante in circolazione, non una vera e propria macchina da gol, ma un buon attaccante che aspettava la chiamata giusta. Quella chiamata arriva all'inizio del 1979: Trevor è negli Stati Uniti a giocare (e segnare) con i Detroit Express, in prestito dal Birmingham City, con cui si era già affermato ad alti livelli nel campionato inglese. La chiamata è di quelle importanti, perché dall'altra parte ci sono i campioni in carica del Nottingham Forest. Sul piatto vengono messe 1,000,000 di Sterline: mai nessun inglese è stato pagato così tanto. Anche qui c'è un piccolo aneddoto: Brian Clough, allenatore del Forest, disse che la cifra reale fu di 999,999 £ e che venne fissata per non caricare il giocatore della "solita" pressione. In realtà non si sa se Clough disse mai quella frase, anche perché con le tasse il prezzo di Francis lievitò fino a 1,150,000 £, rendendolo di fatto e senza appello "The million pounds man". L'uomo da un milione di dollari ripagò la fiducia accordatagli il 30 maggio 1979 all'Olympiastadion di Monaco di Baviera. In programma c'era la partita che tutti vorrebbero giocare almeno una volta nella vita, la finale di Coppa dei Campioni. Davanti a 57000 spettatori, fu proprio Trevor Francis a siglare l'unico gol della gara contro il Malmö, facendo diventare il Nottingham Forest campione d'Europa per la prima volta nella sua storia. Anche in questo caso, quella cifra così alta, quel milione di Sterline, era stato speso più che bene. 

Trevor Francis bacia la Coppa Campioni

Ora torniamo ai giorni nostri. Ho già detto che Gareth Bale è senza dubbio un grande giocatore, ma qui non si tratta di essere o non essere bravi, qui si tratta di scrivere la storia. Greaves e Francis, a modo loro, ci sono riusciti. Siamo sicuri che Bale ce la farà, soprattutto avendo come compagno di squadra un Cristiano Ronaldo che sta demolendo ogni sorta di record del club di Madrid? Ovviamente no. Non lo dico perché sono un veggente o perché voglio portare sfortuna al povere Gareth, ma semplicemente perché lo vedi subito: Cristiano Ronaldo e Messi sono i tipi di calciatore in grado di cambiare la storia. L'unico modo per fare qualcosa di davvero leggendario, sarebbe portare il Galles ai Mondiali. Ma se non ci è riuscito un certo Ryan Giggs, mi sembra molto dura.
Poi magari mi sbaglio, ma una cosa è certa: con Greaves e Francis hanno in qualche modo cercato di proteggerli da un'eventuale pressione, Bale è stato letteralmente preso di mira. Anche da qui si capisce com'è cambiato, e come sta cambiando, il calcio. In bene o in male non si sa, quello lo diranno le generazioni future.