martedì 20 agosto 2013

Un club non a caso


Come ben saprete Pablo Osvaldo è andato al Southampton, che ha sborsato una cifra vicina ai 17 milioni di euro per aggiudicarsi l'attaccante nato a Buones Aires, i cui rapporti con la tifoseria Giallorossa erano ormai ai minimi termini. 
Per chi non lo sapesse, Southampton è una città dell'Hampshire, una contea nel sud dell'Inghilterra, dove tra le altre c'è anche la città di Portsmouth, altra città calcistica inglese, sede dell'omonima squadra. Il Southampton F.C. non è l'ultimo club arrivato, ma è un club con una grande tradizione alle spalle, già vincitore di una FA Cup e a lungo presente nella massima Divisione Inglese. Rimanendo in tema di attaccanti, Osvaldo ha scelto una squadra che ha avuto dei nomi pesanti in rosa. Basti pensare che il mitico Alan Shearer iniziò qui la sua carriera, giocando quattro anni con i Saints andando a segno 43 volte, prima di andare al Blackburn e al Newcastle, per diventare il miglior marcatore della Premier League con 260 gol. Oppure, basti citare il capocannoniere Mick Channon, attaccante di quel Southampton che vinse la FA Cup, che segnò 227 gol con questa squadra. Ma dal mazzo dei grandi cannonieri, ne prenderei un altro, un centrocampista. Un centrocampista da oltre 200 gol con la maglia dei Saints, il primo centrocampista a segnare 100 gol nel massimo Campionato Inglese. Sto parlando di Matthew Le Tissier, uno dei più grandi artisti del pallone degli anni '90. Perché se è vero che ci sono le star e i campioni, è anche vero che il calcio ha bisogno di artisti veri, capaci di inventare traiettorie nuove e rapire il cuore della gente. Matt appartiene sicuramente a questa categoria e il fatto che i tifosi del Southampton si ricordino ancora oggi di lui ne è la dimostrazione.
Quindi, caro Pablo, se pensi di essere andato via da Roma per essere in pace, forse hai fatto la scelta giusta. Ma se pensi che adesso non avrai pressioni, ti sbagli di grosso. Perché questo non è un club a caso, è il club degli esordi di Alan Shearer, ma sopratutto è il club di Matthew Le Tissier. Benvenuto in Inghilterra.


lunedì 19 agosto 2013

La Corta dei Miracoli


Ci sono storie brevi e sconosciute capaci di segnare un'epoca. Sono durate un attimo, giusto il tempo di far vivere grandi emozioni ad un'intera città. Poi, però, le favole svaniscono e bisogna tornare con i piedi per terra, senza sapere che nel frattempo si era cambiata la storia.
È il caso di Corrado Viciani, un ex calciatore ed allenatore italiano, con un carriera trentennale in panchina. Tra le varie squadre da lui guidate, troviamo anche la Ternana. Una squadra in rapida ascesa, che nel giro di neanche dieci anni si ritrova dalla Serie D alla Serie A. Viciani porta gli umbri dapprima in B, poi in un secondo momento, compie il miracolo di portarli in A. Il gioco era innovativo, fatto di possesso palla e scambi brevi, con cambi di posizione e reparti corti. Era nata la "Corta dei Miracoli".




Corrado Viciani arriva alla Ternana nel 1967, ottenendo subito la promozione dalla Serie C alla Serie B, dove gli umbri mancavano da vent'anni. Nel campionato successivo si salva, arrivando decimo. Poi va all'Atalanta e al Taranto. Torna nel 1971, vincendo il Campionato di Serie B, conquistando la prima, storica promozione in Serie A delle Fere, che è diventata la prima squadra umbra a raggiungere la massima serie. Un traguardo incredibile, che ha avvicinato la città alla squadra, i tifosi ai giocatori. 
Gran parte del merito è proprio di Viciani, un vero e proprio innovatore del gioco. In un calcio in cui si lasciava che fosse l'avversario ad attaccarti, per poi colpirlo in contropiede, il tecnico nato in Libia preferiva che fosse la sua squadra ad avere la palla, avanzando tutti insieme facendo dei brevi e precisi passaggi, lasciando che fosse l'avversario a dover correre. 
Questa descrizione vi ricorda qualcosa? Se dite Barcellona, avete proprio centrato il punto. Infatti la Ternana ha anticipato di quarantanni il gioco di Guardiola. L'unica differenza, è che in quella squadra non c'erano Xavi, Iniesta e Messi. Erano tutti dei gregari, dei gran lavoratori, che si applicavano al massimo per cercare di trasformare in pratica la teoria di Viciani. "Se la palla ce l'hai sempre tu, è più facile che riesca a far gol". Un concetto talmente semplice, da cadere nel ridicolo. Ma era un'innovazione nel calcio di allora, in cui si facevano dei lanci lunghi per cercare la punta e andare a segnare. Viciani seppe rivoluzionare i metodi di gioco, ma non solo. Infatti, non avendo in squadra dei campioni a livello tecnico, sapeva che avrebbe dovuto puntare tutto sulla forma fisica. I suoi allenamenti erano massacranti, ma il tutto era finalizzato a creare dei giocatori instancabili, capaci di avanzare verso la porta avversaria e tornare in difesa per tutti i 90'; perché, come già detto, si andava avanti insieme, cercando di confondere l'avversario con tutti quei passaggi corti e i cambi di posizione. 
I risultati non furono sensazionali, infatti nella stagione in Serie A la squadra arrivò ultima, ma fecero sognare una città come Terni, che dopo anni di delusioni e reclusioni in serie minori, riusciva finalmente ad assaporare il grande calcio. Perché con questa promozione, la Ternana avrebbe affrontato squadre come Juventus, Milan e Inter. Squadre che non solo dominavano l'Italia, ma andavano bene anche in Europa, come dimostrano la vittoria del Milan nel 1969 e le finali di Inter e Juve nel 1972 e nel 1973. Non è un caso, che in tutti e tre gli anni, l'altra finalista di Coppa Campioni sia stata l'Ajax di Johan Cruijff. Il gioco era lo stesso. Passaggi brevi, scambi di posizione, far correre l'avversario. Il gioco di Viciani era stato "plagiato", ma con maggiori soddisfazioni. Il calcio olandese vincerà quattro Coppe Campioni di fila dal 1970 al 1973 (con Feyenoord e poi le tre dell'Ajax), oltre a sfiorare la Coppa del Mondo nel 1974 e nel 1978. 
Viciani se ne andrà a fine campionato, dopo la retrocessione, per poi tornare nel 1981 e ancora nel 1988, senza ottenere più risultati di prestigio.
L'attuale tecnico delle Fere, Domenico Toscano, ha detto: "Terni è una città operaia, qui si vive di lavoro e sacrificio, se volete indossare questa maglia con onore per lei dovrete lavorare e sacrificarvi". Forse è proprio per questo che la Ternana di quegli anni ottenne quei risultati. Perché era una squadra di gregari, di operai disposti a sacrifici. Non erano dei campioni, erano degli uomini che giocavano a calcio. Un calcio nuovo e rivoluzionario, capace però di restare umile e di premiare il sacrificio. Un calcio in cui la città di Terni ha saputo rispecchiarsi e di cui si è innamorata a tal punto da seguire la squadra ovunque.



L'Ajax de nojandri era questo: una squadra umile e con tanta voglia di lavorare, guidata da un grande maestro del calcio come Corrado Viciani. Nei libri di storia forse non la trovate, ma quando guardate Busquets, Xavi e Iniesta fare quei mille passaggi prima di servire quello decisivo a Messi, immaginateveli con una maglia rosso-verde addosso e provate a rievocare gli anni d'oro della Ternana. Oppure, più semplicemente, guardate qualche partita di Serie B quest'anno, sperando che grazie a questo post vi sia venuta un po' di simpatia per questa squadra. Una squadra che i tifosi continuano tutt'oggi a seguire ed amare, sperando che nel giro di poco tempo le sfide con Juve, Milan ed Inter tornino ad essere sfide di Campionato.


Un grazie a Nicolò per avermi chiesto di scrivere sulla squadra della sua città, e per aver creduto nelle mie capacità 

giovedì 15 agosto 2013

La Germania spezza sogni, parte tre: Wunderteam

Ci sono delle date che difficilmente verranno scordate, perché hanno scritto la storia. La storia del calcio. Ci sono il 1954 e il 1974. Ma c'è anche il 1938, dove, oltre che la storia calcistica, venne anche cambiata la Storia, quella con la S maiuscola. Parlando però solo di calcio, la nazione che unisce questi anni è la Germania. Una Nazionale in grado di spezzare i sogni di chi avrebbe di sicuro meritato un posto nella storia, nel 1954 e nel 1974; una nazione in grado di privare della libertà, nel 1938.


Ultimo capitolo di questo viaggio nel tempo, iniziato nel 1954, passando per il 1974, per poi fare un bel balzo indietro fino al 1938. 
Stavolta però si cambia registro, perché questa volta la Germania (unita per l'occasione) si supera e non fa nemmeno arrivare l'Austria al Mondiale del 1938 in Francia. Non solo si limita a fermare uno degli squadroni dell'epoca, ma decide di cancellare tutta l'Austria dalle cartine. Perché stavolta non è solo una questione calcistica, questa volta non cambia solo la storia dei Campionati Mondiali di calcio e degli albi d'oro, non cambia la storia di una Nazionale. Cambia la storia di una Nazione, cambia la storia del mondo, cambia la Storia, quella con la S maiuscola.
È il 3 aprile del 1938 e si gioca allo stadio Prater di Vienna. Da circa un mese l'Austria è stata annessa alla Germania, diventando una semplice provincia orientale. Anschluss è una parola che si studia a scuola, brutta da dire, brutta da ricordare. Ma soprattutto, brutta da vivere. Perché ti annienta: annienta il tuo stato, la tua Nazione, la tua vita. E, limitandomi a parlare di quello che più mi piace, annienta la tua Nazionale. Non una semplice squadra, ma il Wunderteam, l'epico squadrone che domina insieme all'Italia gli anni '30. Si gioca quel 3 aprile, ma non perché si voleva fare una semplice amichevole. Si gioca per sancire definitivamente il fatto che Germania e Austria sono ormai una cosa sola. Si gioca senza motivazioni, senza voglia, ma con tanta paura e raccomandazioni. I tedeschi non potevano perdere e gli austriaci non dovevano vincere. Qualora qualcuno degli austriaci si fosse azzardato a segnare, avrebbe dovuto fare il saluto nazista in segno di rispetto e perdono. Si gioca, ma è come se non si giocasse. Un'interminabile noia, lunga quasi tutta la partita. Ma nel Wunderteam c'era Matthias Sindelar, probabilmente il giocatore più forte dell'epoca. Si dimentica delle minacce e si ricorda chi è: dal cilindro decide si pescare un pallonetto beffardo, che si insacca dentro la rete. Niente saluto nazista, niente scuse, niente rispetto per chi di rispetto nei confronti della tua Nazione non ne ha avuto. Un gesto d'orgoglio, di rivincita. Ma anche un gesto che di fatto è una condanna a morte. La conferma arriverà solo qualche settimana dopo, quando Sindelar rifiuterà la convocazione in una Nazionale che non sentiva sua. Perché per un ebreo, giocare con una maglia con la svastica sul petto, è qualcosa che va contro tutti i suoi principi. Morirà un anno dopo, nel suo appartamento. Dopo 70 anni non si sa ancora la verità.
Il sogno di Sindelar si spezzò quel giorno. Così come quello di tutta l'Austria, di tutto il Wunderteam, che si presentava ai Mondiali francesi con tutte le carte in regola per far meglio di quel quarto posto del 1934, quando persero la finalina proprio contro la Germania. Questa volta non persero una partita, ma persero l'identità nazionale.
Anschluss è una brutta parola, triste, dolorosa, che deve essere studiata a scuola. In modo che i sogni spezzati finiscano qui. Con o senza Germania come protagonista e carnefice. Con o senza calcio a far da cornice. Perché la guerra è la cosa più stupida che si possa fare. Perché non è giusto che qualcuno debba smettere di sognare solo per le manie di grandezza di altri. Tutti sono liberi di sognare, di inseguire i loro obiettivi. Sia che il tuo sogno sia alzare la Coppa del Mondo o essere, semplicemente, un uomo libero.
L'Austria non tornerà mai più a quei livelli, salvo un terzo posto nel 1954. Proprio nel primo Mondiale della Germania, quello vinto contro la mitica Ungheria. Ero partito da lì e mi ci ricongiungo.
1938, 1954, 1974: tre grandi squadre, all'apparenza imbattibili, sconfitte proprio quando sarebbero potute diventare definitivamente grandi. 

lunedì 5 agosto 2013

La Germania spezza sogni, parte due: Arancia Meccanica

Ci sono delle date che difficilmente verranno scordate, perché hanno scritto la storia. La storia del calcio. Ci sono il 1954 e il 1974. Ma c'è anche il 1938, dove, oltre che la storia calcistica, venne anche cambiata la Storia, quella con la S maiuscola. Parlando però solo di calcio, la nazione che unisce questi anni è la Germania. Una Nazionale in grado di spezzare i sogni di chi avrebbe di sicuro meritato un posto nella storia, nel 1954 e nel 1974; una nazione in grado di privare della libertà, nel 1938.


Arriviamo al 1974, esattamente venti anni dopo che Puskas e compagni persero in maniera beffarda la loro unica chance di entrare nella storia. Il discorso non era molto diverso: squadra incredibile, idee calcistiche rivoluzionarie, un leader. Se allora fu il tanto amato Ferenc, adesso sarebbe toccato al Profeta del gol, Johan Cruijff. Il contesto era sempre quello: il Campionato mondiale di calcio. Ovviamente l'Olanda, dall'alto della sua superiorità, arrivò in finale con una facilità ridicola. Nel primo girone di qualificazione si tenne su bassi ritmi, ma dominò segnando 6 gol e subendone solo uno, contro la Bulgaria. Nel girone di qualificazione alla finale, demolì l'Argentina, la Germania Est e i campioni in carica del Brasile. Contemporaneamente, la Germania Ovest vinceva l'altro girone e si apprestava a tornare in finale dopo otto anni, dopo la tragedia di Wembley e il gol di Hurst. Era pure Campione d'Europa in carica ed arrivava da un terzo posto a Messico '70. L'Olanda era sì la migliore, ma questa Germania non scherzava per nulla.
Ma adesso fermiamoci, non ho voglia di ripetere per l'ennesima volta quella maledetta finale di Coppa del mondo. Voglio tornare indietro e portarvi con me negli anni '70. Erano appena finiti gli anni '60 (no, davvero?), quelli che cambiarono il mondo, quelli delle rivoluzioni, quelli dei giovani. Anche nel calcio era cambiato qualcosa. Era finito il dominio del Real Madrid e il modo di giocare a calcio stava cominciando a cambiare. Il gioco di squadra stava sempre più prendendo il sopravvento, a dispetto delle giocate individuali.
Nel 1965 arrivò all'Ajax, anzi tornò, un giovane allenatore, che già da giocatore ben figurò nei Lancieri. Il suo nome era Rinus Michels e il suo obbiettivo era quello di portare l'Ajax e il calcio olandese ai vertici. La sua sembrava un'utopia, calcolando che nel 1965 la squadra di Amsterdam arrivò 13esima in Eredivisie, con un panchina proprio Michels che rimpiazzò Buckingham. Ma non si perse d'animo ed iniziò a lavorare sulla sua squadra, sulle sue idee di gioco. Già la stagione successiva arrivò il titolo olandese, seguito da un'altra vittoria. Ma le cose in Europa ancora non andavano alla grande, e il miglior risultato furono i quarti di finale di Coppa Campioni del 1967. Ma nel 1969, la squadra riuscì ad arrivare in finale, dove venne però sconfitta 4-1 dal Milan di Nereo Rocco. Quello era il preludio al dominio degli anni successivi del calcio olandese. L'anno dopo il Feyenoord s'impose sul Celtic. Dal 1971 al 1973 l'Ajax vinse tre Coppe dei Campioni. Michels se ne andò al Barcellona dopo la prima vittoria, seguito nel 1973 da Johan Cruijff. Nel 1974 Michel diventò allenatore della Nazionale Olandese, che si apprestava a disputare il suo primo Mondiale dopo quello del 1938 in Francia, dove venne eliminata al primo turno. L'Olanda fino ad allora non aveva fatto nulla di buono, ma le cose stavano per cambiare.


Due parole: Calcio Totale. Vi ricordate che parlavo di innovazioni? Bene, questa è la più grande innovazione calcistica della storia. Dove è scritto che un difensore non possa attaccare? Dove è scritto che un centrocampista non possa fare il terzino? Dove è scritto che non possa essere la punta ad impostare il gioco? Tutti possono fare tutto. Michels la pensava così, e i suoi giocatori seppero tradurre i suoi pensieri in partite degne di essere considerate delle opere d'arte. Erano i migliori, superiori a tutto e tutti, nessuno avrebbe mai potuto batterli. O forse qualcuno c'era...
Ok, ripartiamo. Finale del Campionato mondiale di calcio Germania 1974, 7 luglio, Olympiastadion di Monaco di Baviera. La casa del Bayern Monaco, fresco vincitore di Coppa dei Campioni. Gli Orange battono il calcio d'inizio e cominciano a fare dei passaggi e dei movimenti che non sembrano stare né in cielo né in terra. Poi, quasi dal nulla, senza che i tedeschi abbiano la possibilità di accorgersene, si apre un corridoio, una voragine senza uomini in mezzo al campo. Cruijff, l'ultimo uomo in difesa, prende palla nella sua metà campo e con un scatto arriva nella trequarti avversaria. Accelera e si porta a spasso due uomini, il terzo, Berti Vogts, lo stende. Lo stende in area di rigore. Sul dischetto va Neeskens. Gol. Olanda 1 Germania 0 dopo poco più di un minuto, i tedeschi non avevano neanche toccato la palla. E qui finisce la partita dell'Olanda. Se c'era qualcuno in grado di battere l'Olanda, erano proprio gli stessi olandesi. Per i successivi 90' si specchiarono nella loro bellezza, quasi senza accorgersi che Breitner e Müller avevano segnato. Il tempo passò, l'Olanda non si riprese e lasciò la gloria ai tedeschi. Ancora una volta era stata la Germania ad impedire alla squadra più bella di scrivere il proprio nome nella storia. Ma stavolta senza scandali nel dopo partita, senza recriminazioni. La Germania era stata superiore, l'Olanda si vedeva già campione e fu punita. Per Michels e Cruijff fu la prima ed unica occasione di scrivere il loro nome nell'albo dei vincitori della Coppa del Mondo. Michels allenò nuovamente l'Olanda, portandola all'alloro europeo nel 1988, senza però condurla mai nuovamente al Mondiale. Cruijff decise di non andare in Argentina nel 1978. 
Quindi a spezzare i sogni fu nuovamente la Germania, che scrisse per la seconda volta il proprio nome sull'albo dei vincitori. Ma non sempre le coppe fanno la storia, e per la storia quello rimane il Mondiale dell'Arancia Meccanica, una delle squadre più belle e meno vincenti di sempre.
Ma non tutti i sogni vennero spezzati quel 7 luglio. Ero partito da un uomo, da Rinus Michels. Il suo sogno era quello di portare ai vertici il calcio olandese. E ci riuscì. Nel 1999 glielo riconobbe anche la FIFA, eleggendolo allenatore del secolo. Un allenatore che cambiò per sempre il modo di interpretare il calcio. Quando vedete Rooney ed Eto'o fare i terzini, pensate che era così già 40 anni fa ed il merito è di quest'uomo.
Il Calcio Totale resta la più grande innovazione tattica del calcio moderno. Rinus Michels e Johan Cruijff due dei più grandi geni che questo sport abbia mai visto. A loro va detto grazie. Un grazie immenso per aver cambiato per sempre la storia.