giovedì 18 luglio 2013

Most naturally gifted player


Si possono fare tante classifica e mettere ai primi posti tanti giocatori diversi, etichettandoli come "migliori di sempre", però non si arriverà mai ad una scelta che metta d'accordo tutti. La sfida più nota è quella tra Pelé e Maradona. Io penso che sia Di Stefano che Cruijff gli siano stati superiori, escludendo Maradona da qualsiasi classifica, perché non è degno di stare nel gruppo insieme a questi mostri sacri. Su una cosa, però, tutti possiamo essere d'accordo: il talento. I quattro che ho già citato avevano un enorme talento, così come Zidane o Puskas, per dirne altri due. Ma il giocatore con il maggior talento - quello che gli è stato consegnato direttamente da madre natura, senza bisogno di dover allenarsi per renderlo migliore - è stato George Best. Un ragazzo di 1,75m per nemmeno 70 kg, ma con un estro calcistico innato, in grado di far venire la pelle d'oca solo a vederlo. Denis Law, suo compagno di squadra al Manchester United, disse che era il giocatore perfetto, capace di influenzare un'intera generazione. 
La forma fisica e mentale via via si son perse, ma il talento è rimasto sempre quello, cristallino, intatto, trascinato tra Stati Uniti, Scozia e Australia, in un immenso giro del globo che ha portato il ragazzo di Belfast a riscoprire il gioco del calcio, nel vero senso della parola. Perché un talento così ha bisogno di libertà, non riesce a stare rinchiuso dentro degli schemi. Ecco perché l'addio al Manchester United, alla vera carriera calcistica, a soli 28 anni. Ecco perché l'inizio di questo tour in zone ben più divertenti della triste e cupa Manchester. 
Alla fine la forma fisica si perderà in modo irrimediabile, lasciando un grande vuoto nel mondo del pallone. Un vuoto che, a dirla tutta, si era già creato all'inizio degli anni '70, quando tutta la critica concordava sul fatto che George Best sarebbe potuto diventare ancora più grande, se solo lo avesse voluto, se solo non si fosse lasciato andare. Ma alla fine, a lui, cosa importa? Lui giocava semplicemente per divertirsi e divertire. E ci è riuscito, perché già il semplice fatto di aver potuto vedere una partita di George Best è stata un'enorme opportunità. Perché nel calcio troppo serio e pieno di soldi di adesso, un altro Belfast Boy servirebbe tanto, come un raggio di Sole tra le nuvole, per ridare un po' di gioia in un calcio che - tra calcio scommesse e altri scandali - sta diventando sempre più sporco e triste.
Magari non è stato il migliore, il più forte, di tutti, ma senza ombra di dubbio c'era più talento nel piede di George Best che in qualsiasi altro calciatore. 
Ed è giusto ricordare ciò che disse Jimmy Greaves: "E sappiate una cosa: una partita di George Best é l'equivalente di dieci anni di un mediocre giocatore." E aveva ragione il vecchio Jimmy, aveva proprio ragione.


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