venerdì 26 luglio 2013

La Germania spezza sogni, parte uno: Aranycsapat


Ci sono delle date che difficilmente verranno scordate, perché hanno scritto la storia. La storia del calcio. Ci sono il 1954 e il 1974. Ma c'è anche il 1938, dove, oltre che la storia calcistica, venne anche cambiata la Storia, quella con la S maiuscola. Parlando però solo di calcio, la nazione che unisce questi anni è la Germania. Una Nazionale in grado di spezzare i sogni di chi avrebbe di sicuro meritato un posto nella storia, nel 1954 e nel 1974; una nazione in grado di privare della libertà, nel 1938.


Partiamo dal 1954, da quel 4 luglio, in quell'estate svizzera. Si tornava a disputare la fase finale di un Campionato del Mondo in Europa dopo sedici anni, cioè dopo Francia 1938. I campioni in carica erano gli uruguaiani, che si spartivano equamente con l'Italia le quattro edizioni sin lì disputate. Ma gli addetti ai lavori non avevano dubbi, un nuovo nome sarebbe stato scritto nell'albo d'oro: quello dell'Ungheria. 
La storia della Nazionale Ungherese, o meglio la leggenda, inizia nel 1950. Il 4 giugno battono la Polonia a Varsavia per 5-2. Non perderanno più nessuna partita fino al 1954, umiliando i maestri inglesi nel tempio di Wembley, e poi ancora nel rematch in Ungheria. 6-3 e 7-1 i risultati: il calcio aveva trovato dei nuovi padroni. Nel 1952 arrivò pure il titolo olimpico ad Helsinki. Era una squadra che non conosceva la parola sconfitta e che dominava il mondo, esportando una nuova filosofia del calcio. Era la squadra di Gusztav Sebes in panchina, di Grosics in porta, di capitan Bozsik, di Hidegkuti, Toth, Czibor, Kocsis ed ovviamente del genio del pallone Ferenc Puskas. Non un semplice calciatore, ma uno di quelli che passano sul terreno di gioco una volta sì e altre mille no, uno di quei giocatori destinati a cambiare la storia di questo sport. Il suo score in Nazionale è impressionante: 85 partite e 84 gol. Ma c'è un suo compagno che è riuscito a fare addirittura meglio. Sandor Kocsis scese 68 volte in campo con i magiari, segnando 75 reti. Più di un gol a partita! Era una squadra perfetta, che attendeva questa Coppa del Mondo per diventare una leggenda e lasciare un'impronta indelebile nella storia del calcio. Era la squadra che cambiò per sempre il calcio, anticipando di vent'anni il calcio totale degli olandesi. Era l'Aranycsapat, la Squadra d'oro, la più bella espressione corale di calcio dell'epoca. Era una delizia per gli occhi, un inno alla gioia. Ma soprattutto era una squadra appoggiata dal governo, una squadra con il compito di rendere bella l'immagine dell'Ungheria. La vittoria del Mondiale avrebbe sicuramente contribuito a renderla migliore.
Le premesse c'erano tutte per poter succedere ad Uruguay e Italia. Il Mondiale fu strano, perché nei gironi vennero giocate solo due partite, seppur essi fossero composti da quattro squadre. Infatti le due teste di serie non si incontrarono durante i gironi. I Magiari vennero messi come teste di serie, insieme alla Turchia, con Germania Ovest e Corea del Sud. La prima partita finì 9-0 contro i mal capitati asiatici. La seconda terminò 8-3 contro una Germania Ovest imbottita di riserve, che mirarono ad un solo obbiettivo: far male a Puskas. Riuscirono a far uscire dolorante il capitano e leader ungherese, che fu costretto a salutare anzitempo il Mondiale. Salvo poi farsi trovare pronto per la finalissima. Ma anche privi del loro condottiero, i magiari riuscirono a sconfiggere 4-2 il Brasile nei quarti di finale. Con lo stesso punteggio superarono l'Uruguay in semifinale dopo i tempi supplementari, grazie a due reti di Kocsis nel finale. "Testa d'oro" era già arrivato a quota 11 reti, frutto di due doppiette, una tripletta ed una quaterna, che non solo lo proiettarono in cima alla classifica cannonieri di quel Mondiale, ma anche di quella all-time. Quindi, in assenza di capitan Puskas, fu Kocsis a trascinare la squadra fino alla finale, dove li aspettava la Germania, desiderosao di vendetta dopo l'incredibile figuraccia del girone.
In questo momento l'Ungheria è a quota 31 risultati utili consecutivi. Non perdono da quattro anni e nessuno pare avere le carte in regola per poter scalfire questa corazzata. Il sogno di diventare campioni si sta per realizzare, mancano solo 90'. Ma le sorprese sono dietro l'angolo.
Il Wankdorfstadion di Berna e i suoi 60000 mila spettatori, fanno da cornice a quella che deve essere una pura formalità per Puskas (tornato in extremis) e compagni. Battere la Germania sarà la cosa più semplice, la parte più difficile è scegliere come festeggiare. Dopo 8' i magiari sono già avanti per 2-0, grazie a Puskas e Czibor. Sembra fatta: finalmente la squadra più forte del mondo potrà vantarsi di essere campione del mondo. Ma è solo un'illusione. La realtà è che da quel momento i tedeschi iniziano a giocare, a fare sul serio, a correre il doppio. Al 18' Morlock e Rahn riportano il risultato in parità. Ma l'Ungheria non ci sta, sa di essere più forte e lo dimostra sul campo. Un gol annullato e un rigore non convalidato. "Ma come? Perché?", protesta la squadra di Sebes con l'arbitro Ling. È il segnale che il sogno si sta trasformando in incubo, che la partita della vita sarà la loro più grande disfatta. Diventano sempre più spenti e senza forze, fisiche e mentali. I tedeschi, invece, corrono come se fossero appena entrati. L'Ungheria forse nemmeno se ne accorge, ma Rahn fa doppietta al minuto 84 e completa la rimonta. I minuti passano inesorabili e l'arbitro fischia la fine, facendo entrare nella storia... facendo entrare nella storia l'Ungheria! Sì, perché magari non avranno vinto quella partita, non avranno vinto il titolo mondiale, saranno anche stati battuti dalla Germania Ovest in quella finale. Ma la storia l'avevano fatta gli undici gol di Kocsis, la leadership di Puskas, le giocate di Czibor, l'innovazione tattica di Hidegkuti, il ruolo rivoluzionato del portiere con Grosics. E soprattutto l'aveva fatta Sebes, costruendo una squadra praticamente imbattibile. Poco importa se poi ci saranno sospetti (pesanti) di doping sulla Germania, con i giocatori gialli e nauseabondi a fine partita e nei giorni successivi. Non importa a nessuno, anche perché la Coppa è nella bacheca tedesca, mentre alla mitica Ungheria resta un pugno di mosche. Un secondo posto che vale veramente poco arrivati fino a quel punto. Ma la consapevolezza di aver reinventato il calcio, portandolo ad altri livelli. Prima strabiliando il mondo in prima persona, poi mettendo le basi con il modulo usato dal Brasile bi-campione del mondo nelle successive due edizioni. Fino ad arrivare a vent'anni dopo, quando gli olandesi eleveranno ulteriormente le idee magiare, sviluppando il calcio totale. Altro bellissimo metodo di gioco, con lo stesso risultato. L'Olanda come l'Ungheria, Cruijff come Puskas. Ma questa è un'altra storia. Questo è il prossimo episodio della Germania spezza sogni.
Ma i sogni erano stati spezzati anche ai calciatori, "colpevoli" di non aver dato lustro all'immagine ungherese. La Rivoluzione del 1956 cambierà per sempre la Storia, quella con la S maiuscola. I calciatori scapparono via, lasciando solo il ricordo di quella mitica squadra. Czibor e Kocsis si riscoprirono grandi nel Barcellona, prima di perdere un'altra finale (quella di Coppa Campione del 1961 contro il Benfica) in modo beffardo. Sandor Kocsis non si riprese più da questa ennesima delusione e si suicidò nel 1979. Andò meglio a Ferenc Puskas, bandiera del Real Madrid, che insieme a Di Stefano formò una delle più grandi coppie d'attacco di sempre. Vinse tre Coppe Campioni, ma il rimpianto per non aver vinto quella partita del 1954 contro la Germania se l'è portato dentro la tomba. Anche se in realtà si prese la sua rivincita, segnando quattro gol all'Eintracht Francoforte nella finale di Coppa Campioni del 1960: è a tutt'oggi un record. Ma poco importa, perché Puskas e compagni erano già entrati nella storia del calcio. Anche nella storia dei Mondiali, perché forse quell'Ungheria era troppo bella per vincere quel titolo, e ha lasciato la gloria ad altri. Entrando comunque di diritto nella leggenda.
Aranycsapat: molto più di una squadra, un sogno nazionale. Un sogno spezzato dalla Germania.

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