domenica 3 agosto 2014

L'uomo da 24 milioni

E pensare che lo avevano etichettato come malato di mente, José Mourinho. Proprio lui, lo Special One, come si autodefinì al suo arrivo al Chelsea nell'estate del 2004. Era il campione d'Europa in carica, fresco vincitore della Champions League con il suo Porto. Quello era ancora l'inizio della sua carriera, che lo avrebbe poi portato a diventare uno degli uomini più importanti del calcio moderno. Era anche l'inizio del Chelsea di Roman Abramovich. Dopo una stagione con Claudio Ranieri in panchina, il neo-patron russo decise di cominciare a fare sul serio e ingaggiò l'allenatore portoghese, che si portò dietro dal Porto Paulo Ferreira e Ricardo Carvalho, che andarono a costituire una solida difesa insieme ai già presenti Gallas e Terry. Abramovich, però, non si fermò qui e diede libero arbitrio a Mourinho, che in poco tempo, grazie ai milioni del russo, costruì una corazzata. Dal PSV arrivarono Mateja Kezman e un ventenne Arjen Robben, mentre dal Rennes un giovane portiere di nome Petr e di cognome Cech. Degli ultimi due, ne risentiremo parlare. Il botto di mercato, però, è un altro. Dal Marsiglia arriva un attaccante ivoriano di ventisei anni. Risponde al nome di Didier Drogba e viene pagato la bellezza di 24 milioni di Sterline. Una cifra incredibile per quei tempi (passati, purtroppo) e che getta i primi dubbi su Mourinho. La stampa lo accusa di essere un malato di mente, per aver speso tutti quei soldi per un giocatori "buono", ma nulla di più. 
Il portoghese, come suo solito, continua dritto per la sua strada e non ascolta nessuno. Non vuole essere chiamato arrogante, ma in realtà lo è. E lo sa bene. Dice di avere i migliori giocatori e, ovviamente, di essere il miglior allenatore. La squadra di Londra non vince un campionato (il suo unico) dal 1955 e Mourinho sa che il suo unico obiettivo è quello: diventare campione d'Inghilterra. Davanti ha l'Arsenal degli Invincibili campione in carica e il Manchester United di Sir Alex Ferguson. Lui, invece, spende quelle cifre per giocatori bravi, ma non campioni. Va contro tutti e contro tutto e, alla fine, ha ragione lui. A maggio il Chelsea è davanti a tutti: 95 punti, 29 vittorie, 8 pareggi e una sola sconfitta, 12 punti di vantaggio sull'Arsenal e una difesa capace di incassare la miseria di 15 gol. Ha vinto lui, ha avuto ragione lui. C'è un però. Drogba non stupisce e segna solo 16 gol in 41 gare con i Blues: un po' pochini. La metà dell'anno precedente a Marsiglia. Il Chelsea, comunque ha vinto e Mourinho punta ancora più in alto: alla Champions ovviamente, mai vinta dalla squadra londinese. La stagione dopo il Chelsea vince nuovamente la Premier League: è un altro dominio, la quota dei 90 punti viene ancora superata, ma il cammino in Europa si interrompe bruscamente agli ottavi contro il Barcellona di Ronaldinho, futuro vincitore. Nella stagione 2006/2007 il titolo di campione d'Inghilterra torna al Manchester United e Mou si deve accontentare delle due coppe nazionali, mentre in Champions arriva ad un soffio dalla finale, venendo eliminato dal Liverpool. In quella stagione Drogba sboccia definitivamente, timbrando il cartellino 33 volte in 60 gare e conquistando il titolo di capocannoniere in Premier. A settembre 2007 il Chelsea e Mourinho interrompono il loro legame, ma la corsa alla Champions League è sempre viva per i Blues del nuovo allenatore Avram Grant. Questa volta Terry & co. arrivano in finale, ma devono arrendersi al Manchester United nello scontro tutto inglese a Mosca. Il bottino di Drogba è povero in campionato: solo 8 reti. In Champions sono 6 in 11 gare invece. Un trend che sarà il marchio di fabbrica dell'ivoriano, che sarà il vero trascinatore della squadra nelle campagne europee.
La stagione 2008/2009 è travagliata per i Blues e Drogba ne risente molto. Gioca 24 partite in Premier e trova il bersaglio grosso solo in 5 occasioni. Lo stesso numero di gol li segna in 10 partite di Champions League, che sarebbero potute essere 11, se un arbitro norvegese non avesse giocato a favore del Barcellona in semifinale. La seconda finale di Champions consecutiva è dunque sfumata. 
Nel 2009 arriva Carlo Ancelotti a Stamford Bridge e Drogba fa la voce grossa. 29 gol in 32 partite di Premier League e nuovo titolo di capocannoniere. La strada in Europa si interrompe già agli ottavi, contro l'Inter dell'ex Mourinho, che vincerà la competizione, coronando quel sogno. E ripetiamo sogno, non ossessione. 
Nel 2012, un Drogba ormai trentaquattrenne, si carica sulle spalle un'intera squadra. Impegna ogni sua singola energia per far fuori qualsiasi formazione gli si presenti davanti tra martedì e mercoledì. La cavalcata verso la finale di Monaco di Baviera inizia male, con un 3-1 a Napoli. Da quel momento in poi, complice l'arrivo di Roberto di Matteo in panchina, il Chelsea cambia e fa fuori i partenopei con una grande rimonta. Poi è il turno del Benfica, prima dell'epica semifinale contro il campioni del Barcellona: ancora loro. Al Bridge decide, stranamente, Drogba. Al Camp Nou, sotto 2-0, i Blues rimontano fino al 2-2. È l'apoteosi. Con un Drogba così, tutto è possibile. La finale dell'Allianz Arena, contro i padroni di casa del Bayern Monaco, è epica. Thomas Mueller porta in vantaggio i suoi al minuto 83, ma a poco dalla fine è ancora Drogba con un poderoso colpo di testa a firmare l'1-1. Ai rigori vince il Chelsea e il rigore decisivo è inutile che stia a dire chi lo segnò.

Dopo quella partita l'ivoriano lasciò i Blues. 341 partite e 157 gol, due titoli di capocannoniere, tre Premier League e quella Champions League che nessuno era mai riuscito a portare dalle parti di Londra. Drogba se n'è andato da leggenda e, ora, i malati di mente sono quelli che andavano contro Mourinho. 
Già, Mourinho. Nel 2013, ai quarti, il Real del portoghese affrontò il Galatasaray di Drogba. Non ci fu storia e i madrileni passarono con un 5-3 totale, ma nel ritorno un meraviglioso gol di tacco dell'attaccante ivoriano fu sufficiente per far capire al mondo intero che lui, l'uomo che aveva portato la Coppa dalle grandi orecchie al Chelsea, non era finito. Anzi. E, forse, l'uomo che più di tutti rimase colpito da quel gesto fu lo stesso Mourinho. E, quasi per un ennesimo scherzo del destino, Drogba vs Mourinho ebbe la sua parte numero tre. Mourinho, nel frattempo, era tornato al Chelsea, per riportare quella coppa a Londra. Agli ottavi c'è subito Chelsea-Gala. Drogba torna a Stamford Bridge due anni dopo. Per i tifosi è come se non fosse mai andato via. Passa il Chelsea, fermato solo in semifinale dal sorprendente Atletico. 
Mourinho, però, ha sempre quello in testa: vincere. La Champions, ovvio. Dopo una stagione "da secondo" al Chelsea, ha deciso che per arrivare fino in fondo serviva una scossa. La scossa si chiama Didier Drogba, l'uomo da 24 milioni. Quello che, al suo "addio" nel 2012, aveva già ampiamente dimostrato di valerne ogni singolo penny. 
Ora che sia Mourinho che Drogba sono tornati a Londra, i tifosi possono festeggiare e sognare. Dopo dieci anni sembra tutto come prima. Sarà il campo a decidere, alla fine, se anche i risultati saranno gli stessi. L'unica cosa sicura, comunque, è che José Mourinho, dopo l'acquisto di Drogba, era tutt'altro che un malato di mente.


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