mercoledì 21 gennaio 2015

Dieci anni per diventare il migliore

«Cercando il buono di questa spedizione non posso non sottolineare che è in corso un profondo rinnovamento della squadra. Nel secondo tempo contro la Repubblica Ceca hanno giocato quattro Under 21, sono loro che rappresentano il futuro.» Prendete queste parole e stampatele nella vostra mente, perché quel giorno da queste poche righe è nata una squadra che avrebbe cancellato due delle più grandi figuracce della storia tedesca.

Siamo a Lisbona, il 23 giugno 2004, in occasioni degli Europei organizzati dal Portogallo. La Germania di Rudi Völler arriva all'ultima partita del girone contro la Repubblica Ceca con la consapevolezza di dover vincere a tutti i costi. I cechi, a quota 6 punti e già qualificati, schierano addirittura le seconde linee, la Mannschaft, invece, di punti ne ha 2 e sa che l'Olanda, a 1, batterà sicuramente la Lettonia: è una partita da non perdere, dentro o fuori. Aspetta, ma vuol dire che la Germania non solo rischia di non qualificarsi al secondo turno, ma anche che sarebbe la seconda volta consecutiva. Infatti ad Euro 2000, nell'ultimo e decisivo match, il Portogallo, anche allora già qualificato e rimaneggiato, sconfisse i campioni in carica con un secco 3-0, grazie ad una tripletta di Sérgio Conceição. Nel 2004, invece, le cose sembravano essersi messe per il verso giusto: dopo 21' Ballack aveva fatto 1-0, ma già al 30' Heinz aveva pareggiato i conti. Dopo l'1-1 i tedeschi si sciolsero, non riuscendo più a giocare con la giusta convinzione. Le occasioni non mancarono, ma non furono mai concretizzate. Poi, al '76, Milan Baros porta in vantaggio i cechi, sancendo l'eliminazione della Germania. Tra gli undici che finirono la partita con la Repubblica Ceca, erano presenti anche tre ragazzini che rispondono al nome di: Philipp Lahm, Bastian Schweinsteiger e Lukas Podolski. Völler, in conferenza stampa, si riferisce a loro, perché sa che sono il futuro e che è da lì che la Germania tornerà grande. Anche perché, nell'arco di ventiquattro mesi, ci sarà il Mondiale casalingo.


Ovvio, il Mondiale è bello, però bisogna anche avere una squadra all'altezza. Stadi ed organizzazione passano come "no problem", tanto loro sono tedeschi, figuriamoci se questi son fattori che possono dar fastidio. Rimane una squadra che ha fallito due volte due gli Europei e che ha conquistato un secondo posto in Corea e Giappone che non è sufficiente per mascherare un'involuzione abbastanza rapida. Il primo passo lo compie Völler, rassegnando le dimissioni subito dopo l'Europeo. Sulla panchina della Germania arriva il signor Jürgen Klinsmann, al suo primo incarico dopo il ritiro. Klinsmann, qualche anno prima, aveva conosciuto un giovane allenatore durante un corso che lo aveva colpito. E, a giudicare da quello che gli promise, lo colpì molto. Furono sufficienti poche parole «Sai che tu mi piaci? Al primo incarico serio che avrò, tu mi farai da vice.» E l'ex giocatore dell'Inter fu di parola, perché nel 2004, alla sua prima esperienza da allenatore, si portò quello lì come assistente. Klinsmann, a questo punto, ha in mente solo il Mondiale casalingo. In due anni cambiò tutto, trasformando una squadra vecchia e demotivata, in un gruppo di giovani pronti a spaccare il mondo. E lo fece contro tutto e contro tutti. Costa Rica, Polonia ed Ecuador furono le vittime del girone, Svezia e Argentina quelle della fase ad eliminazione diretta. Poi, in semifinale, arrivano loro, arrivano gli italiani. Se c'è una squadra che i tedeschi non vorrebbero mai affrontare, quella è sicuramente l'Italia. Perdono sempre e le statistiche non mentono. Quando i tiri di Gilardino e Zambrotta si infrangono, rispettivamente, sul palo e sulla traversa, la speranza sale e la convinzione di passare in finale cresce. Poi Grosso tira fuori il gol della vita e Del Piero completa l'opera. L'Italia passa, ma la Germania c'è, la mentalità c'è, i giocatori ci sono e ci saranno, perché sono giovani. Quello che forse ci ha visto più lungo di tutti è Klinsmann, perché non solo ha investito per il futuro sul campo, ma anche sulla panchina. Dopo la vittoria nella finalina contro il Portogallo, lascia il posto da c.t. e gli subentra il suo assistente, quello che lo colpì molto. Di nome fa Joachim e di cognome Löw. E ora la risalita della Germania ai vertici del calcio europeo e Mondiale è tutta nella sue mani.


Ma chi è Joachim Löw? Ha giocato come attaccante tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '90 con fortune alterne tra Bundes e Zweite Liga. Da allenatore fa tanta gavetta e ottiene qualche gioia con lo Stoccarda sul finire del millennio. La grande occasione gli si presenta quando Klinsmann lo chiama come seconda. Lui non se la lascia sfuggire ed inizia ad apprendere per diventare il migliore e portare la Germania sul tetto del mondo. D'ora in poi sarà per tutti "Jogi".

Löw capisce che non deve smuovere troppo le carte in tavola, per questo si affida sempre ad una mentalità spiccatamente offensiva. Come vice sceglie Hans-Dieter Flick, quattro volte campione di Germania con il Bayern Monaco; tenete a mente il personaggio, perché tornerà utile. L'avvio è sfavillante: ne dà tre alla Svezia in amichevole, poi colleziona tre successi di fila nelle qualificazioni europee, tra cui un 13-0 esterno in casa del solito San Marino. Con quattro vittorie consecutive, è il miglior esordio di un tecnico tedesco sulla panchina della Nazionale. Poi arriva un clamoroso pareggio per 1-1 in terra cipriota, ma è solo un piccolo incidente di percorso. La Germania concluderà il girone al secondo posto con 8 vittorie, 3 pareggi e una sola sconfitta, ormai a giochi fatti, in casa contro la Repubblica Ceca. Capocannoniere del girone di qualificazione quel Lukas Podolski eletto miglior giovane del Mondiale tedesco e sempre più leader della nuova Mannschaft. La squadra c'è e andrà in Austria e Svizzera con un solo obiettivo: vincere. 


L'esordio è dei migliori: doppietta del solito Podolski e Polonia (terra d'origine di Lukas) regolata. Poi, nella seconda partita, c'è la Croazia. Löw lascia gli stessi undici, perché squadra che vince non si cambia. Sì, ma con i croati c'è ancora un conto aperto, da quasi dieci anni. Era il 4 luglio 1998 e si giocavano i quarti di finale del Mondiale francese: le Fiamme, così come vengono chiamati i croati, stesero la Germania campione d'Europa con un secco 3-0 e passarono in semifinale. Stavolta l'importanza era minore, ma vincere avrebbe in parte cancellato quella batosta. Invece no: segnano Srna e Olic, uno che giocava all'Amburgo in quel periodo, e il gol finale di Podolski si rivela inutile. Croazia-Germania 2-1. E adesso no, adesso non si più perdere, non si può uscire per la terza volta di fila nella fase a girone. L'ultimo avversario rievoca ancora la Seconda Guerra Mondiale, dopo il match con la Polonia: sono i padroni di casa dell'Austria e per andare avanti hanno bisogno di una vittoria. Non succede, ma se succede... Jogi mette Friedrich per Jansen, il resto è tutto uguale. La gara viene decisa in apertura di secondo tempo da Ballack, capitano e anima della squadra. La Germania passa come seconda e tra Portogallo, Olanda e Spagna, pesca i lusitani nei quarti. Ora occorre fare un passo indietro nella storia e tornare al Mondiale 2006. La finale terzo/quarto posto, come già detto, fu tra tedeschi e portoghesi. Finì 3-1 per i padroni di casa con Schweinsteiger, il ragazzino di Euro 2004, autore di una doppietta. Nel 2008, il giocatore del Bayern si appresta a disputare la prima partita da titolare nella competizione proprio contro il Portogallo. E segna l'1-0. Poi la Germania fa 2-0, Nuno Gomes il 2-1, Ballack il 3-1 e infine Postiga il 3-2, inutile, perché sancisce l'eliminazione dei suoi. Il secondo gol tedesco lo segna un attaccante che in questa storia è stato praticamente sempre presente, sin dal Mondiale nippo-coreano, ma che non ha ancora avuto l'onore di essere nominato. Come Podolski è di origine polacca e come lui gioca nel Bayern Monaco: si tratta di Miroslav Klose, anche questo tenetelo a mente. Tutto bello fino a questo punto, ma il difficile arriva adesso. Le semifinali sono Russia-Spagna e Germania-Turchia. Alt! Germania-Turchia? A livello giovanile, sono sicuro, qualche nazionale tedesco si sarà posto la domanda «E ora per chi tifo?». Già, perché negli ultimi anni sono arrivati tanti turchi in Germania e oltre al kebab, hanno portato anche qualche giocatore buono. Nel 2008 la faccenda rimane a livello giovanile, ma ancora per poco e Löw sa che questa è una Nazionale, ma prima ancora una Nazione, sempre più cosmopolita e multietnica. Appunto, Löw. Il suo sogno di vincere l'Europeo è ancora in piedi e marcia verso la giusta direzione, le cose filano lisce e questi turchi non dovrebbero essere un grosso disturbo. Sì, ma adesso bisogna giocarla questa semifinale. È Boral a spaventare i tedeschi, che poi riescono a ribaltare nuovamente tutto grazie a Schweinsteiger e Klose. La doccia fredda arriva a 4' dalla fine: si chiama Semih Senturk e si legge 2-2. Poi, siccome non c'è due senza tre, spunta l'ultimo di quei tre under 21 di Euro 2004. È nato a Monaco di Baviera l'11 novembre 1983 e nelle sue prime stagioni da professionista ha avuto un rendimento pazzesco: si chiama Philipp Lahm, ma si legge finale. Dopo due Europei disastrosi, la Germania torna in finale e lo deve grazie a due uomini: il primo è Klinsmann, il secondo ovviamente è Low, che senza il primo non sarebbe lì, ma che di suo ce ne ha messo. E anche tanto. La finale si gioca all'Ernst Happel Stadion, dedicato ad un allenatore che in Germania ha lasciato qualcosina. Dall'altra parte ci sono gli spagnoli: hanno regolato 4-1 la Russia, poi si sono salvati negli ultimi minuti con Svezia e Grecia, con un doppio 2-1. Ai quarti hanno eliminato l'Italia ai rigori e in semi hanno ridimostrato la propria superiorità con la Russia (3-0). Non sono ancora le Furie Rosse che domineranno incontrastate, ma è da lì che tutto è nato. Anche perché, parliamoci chiaro, avevano un attaccante fra i migliori tre del pianeta. In quel momento gioca al Liverpool ed è nel periodo di forma migliore della sua carriera, ogni pallone che tocca è gol. Pure al 33', quando batte Lehmann. Di reti non ne arriveranno più e 44 anni dopo la Spagna torna campione d'Europa. 

«Sono triste perché abbiamo perso la finale, ma credo che abbiamo perso una partita contro una squadra più tecnica della nostra e che si è resa pericolosa più volte di quanto ci siamo riusciti noi. Questa sconfitta non toglie nulla al fatto che abbiamo passato sei settimane fantastiche con questa squadra giovane e talentuosa. Adesso iniziamo a pensare al 2010.» Joachin Löw è lucido e pensa già a quello che verrà dopo. Nel calcio perdere fa parte del gioco, lo sa. È rialzarsi subito quello che contraddistingue le grandi squadre e la Germania lo è. Scherza nel girone eliminatorio, pareggiando solo con la Finlandia sia all'andata che al ritorno. Inutile dire che le altre sono otto vittorie e che il primo posto è loro, così come il miglior attacco e la miglior difesa. In Sud Africa, però, è vietato sbagliare: in Germania si deve tornare solo ed unicamente con la Coppa.

Joachim Löw e il suo vice Hansi Flick

Se siamo nel 2010, però, vuol dire che i tempi sono maturi. Maturi? Per chi? Per loro, i campioni d'Europa Under-21 del 2009. Gente come Neuer, Özil, Khedira, Boateng, Marin. Poi Jogi decide di portarsi dietro anche un giovane prospetto del Bayern Monaco, nato proprio in Alta Baviera un giorno di fine estate del 1989. Non ha vinto l'Europeo U21 l'anno prima, ma ha sicuramente qualcosa di speciale. A guardarlo non gli si darebbe un centesimo, poi lo vedi con la braccia al cielo e capisci che sta esultando per un gol appena segnato. A fine Mondiale lo avrà fatto cinque volte, più altre tre per gli assist. La Scarpa d'oro e il titolo di miglior giovane se li porta a casa lui. Se li porta in quella Germania dove in tanti condividono con lui il cognome, soprattutto un simpatico signore nato nel 1945: di nome fa Gerhard, ma per tutti è Gerd e di cognome fa Müller. L'altro, il ragazzo dell'89, si chiama Thomas e di Gerd sta seguendo bene le orme. In realtà, leggendo meglio i nomi dei 23, c'è un altro attaccante che meriterebbe l'accostamento con il Pallone d'oro del 1970. Vi avevo chiesto di tenerlo a mente e spero lo abbiate fatto, perché su Miro Klose è meglio aprire una piccola parentesi. Ha esordito in Nazionale nel 2001 affermando «In dieci anni batterò il record di gol con la maglia della Germania.» Sì, ma quando il numero da battere è 68 (lasciando stare le partite disputate), la storia si fa complicata. Peccato che questo inizi a segnare con una continuità disarmante con la maglia della Mannschaft e arrivi al 2010 con già 10 dieci gol al Mondiale, frutto dei cinque sia nel 2002 che nel 2006. Questo vuol dire che il record di Ronaldo, che con 15 reti è il primatista, è in serio pericolo. Alla fine ne metterà dentro altri quattro, tanti quanti ne bastano per raggiungere Gerd Müller a quota 14. Eh, il buon Miro così sbruffone non lo era in fondo.

Ora bisogna giocare e la Germania lo sa fare bene. Capitano è Philipp Lahm (ne ha fatta di strada) e non più Ballack e poi c'è tanto, tanto talento. Vincere il Mondiale è l'obiettivo principale e Löw sa di non poter fallire ancora. Esordio dirompente contro l'Australia (4-0), ma poi succede qualcosa. A Klose saltano i nervi e viene espulso, Podolski sbaglia un rigore e la Serbia ringrazia sentitamente. L'ultima partita contro il Ghana (primo a quota 4) è decisiva: ancora una volta dentro o fuori. La risolve un ragazzo con due palle al posto degli occhi, ma con due piedi e una visione di gioco che non in molti posseggono. È nato a Gelsenkirchen, ma gioca nel Werder Brema, ancora per poco. Bussa alla porta il Real Madrid: e gli vuoi dire no? Quel sinistro manda la Germania agli ottavi e Mesut Özil dritto nella capitale spagnola. Ora inizia la parte difficile e subito la strada si complica: c'è l'Inghilterra. Segnano sempre loro: Klose-Podolski, 2-0. La riapre Upson e poi succede quello che i tedeschi aspettavano da più di quarant'anni. Lampard tira e il pallone finisce di almeno mezzo metro oltre la linea della porta, Neuer fa finta di niente e continua a giocare. Gli inglesi protestano, ma l'arbitro incredibilmente non convalida il gol. Non varrà una finale Mondiale come nel '66, ma vale una scossa emotiva alla Germania. Nel secondo tempo ci pensa Müller a chiuderla in 3': 4-1 e Mannschaft avanti. È solo un assaggio di quello che accadrà ai quarti. Contro l'Argentina di Maradona in panchina e Messi in campo, i tedeschi fanno quello che vogliono dal primo all'ultimo secondo. Segnano Müller, Klose, Friedrich e ancora Klose. È un'apoteosi. La Germania va in semifinale con tutte le carte in regola per ottenere la vittoria finale e, a due anni di distanza, c'è la rivincita contro la Spagna. Già, ma questi come li batti? Sono i migliori al mondo da almeno due anni e non danno segni di cedimento. Durante la partita, non bellissima, è ovvio che prima o poi il gol arriverà. Lo firma Puyol e le Furie Rosse sono in finale per la prima volta. Germania costretta nuovamente alla finalina. Löw ammetterà l'inferiorità della sua squadra e si prenderà tutte le colpe. Il 3-2 contro l'Uruguay serve solo per far vincere la classifica marcatori a Müller e aggiungere un inutile terzo posto in bacheca. Tempo per rimediare ce n'è e sarà ancora Jogi Löw a comandare il tutto. Dalla Spagna ha imparato che il possesso palla è importante, ma sa anche che imitarlo sarebbe un suicidio. Intanto, dal suo paese, continuano ad arrivare nuovi talenti. Stai a vedere che per Euro 2012 non siano finalmente tutti pronti.


Le qualificazioni lasciano poco spazio all'immaginazione: 34 gol fatti, 7 subiti, dieci vittorie su dieci, Miroslav Klose e Mario Gomez re e principe dei gol e le briciole agli avversari. La Turchia, seconda nel girone, ha un distacco di 13 punti. È dunque in un clima di festa e di alte ambizioni, che la Germania vola in Polonia e Ucraina. E a sedici anni dall'ultima vittoria internazionale, la pazienza sta iniziando a terminare.


Il girone in cui viene inclusa la Mannschaft è ostico: ci sono i vice-campioni del mondo dell'Olanda, il Portogallo di Cristiano Ronaldo e la Danimarca, che non è mai da sottovalutare. Gomez pensa a stendere Portogallo (1-0) e Olanda (2-1), mentre Podolski e Bender fermano i danesi (2-1). Contro la Grecia, ai quarti, è quasi uno scherzo. 4-2 e passaggio in semifinale senza troppi patemi. La squadra c'è e il gioco pure, questa volta Löw crede di avere finalmente la formazione vincente. E poi spuntano loro. L'Italia, ancora. Sempre loro. Gli Azzurri sono obiettivamente più scarsi, ma quando vedono la Germania danno sempre il massimo. Vincono 2-1 con doppietta di Balotelli, anche se gli ultimi minuti, 
con il rigore di Özil, farebbero pensare ad un pareggio clamoroso nell'aria. In finale però ci va Prandelli con i suoi, ma a giudicare dal risultato, forse sarebbe stato meglio farsi i fatti propri. La Spagna si dimostra ancora la migliore e batterla, a questo punto, pare davvero una missione impossibile.

«Il futuro della squadra è roseo, sono stati due anni fantastici, abbiamo vinto 15 gare di fila, abbiamo perso contro un’ottima squadra, abbiamo fatto un super torneo. La squadra è ancora in fase di crescita, per esempio la Spagna ha aspettato anni per i titoli. È stata comunque un’esperienza positiva, il calcio è questo, non possiamo rimproverarci nulla.» Affermerà il c.t. tedesco. Ora, però, il futuro inizia a stare stretto. C'è bisogno del presente, c'è bisogno di vittorie. Löw ha tutta la fiducia della federazione ed è con questa fiducia che inizia il girone di qualificazione a Brasile 2014. La filastrocca è sempre quella: primo posto, miglior attacco, miglior difesa, miglior marcatore e zero sconfitte. Su dieci partite un solo pareggio, spettacolare, per 4-4 contro la Svezia, che ha recuperato ben quattro gol. Ma difronte ai 36 gol segnati, quel risultato non mette paura. La Germania, questa volta, è pronta. E lo è per davvero: insieme alla Spagna campione di tutto, al Brasile padrone di casa e all'Argentina di Messi, viene messa tra le favorite. Adesso o mai più. Joachim Löw lo sa. Ora torna utile Hans-Dieter Flick, il secondo di Jogi. Löw sta esasperando il possesso palla, ma Flick gli dice «Hey, Jogi, guarda un po' che uomini hai. Secondo me, su qualche palla inattiva potremmo anche segnare». L'altro lo guarda e fa «Scommettiamo?» E scommessa fu. La Germania va in Brasile con i favori del pronostico e un allenatore che sa di poter scrivere la storia.



La prima partita se lo ricorderà Thomas Müller, autore della tripletta con cui la Mannschaft batte 4-0 il Portogallo. La seconda, invece, è importante per Klose. Non tanto per il risultato, 2-2 contro il Ghana, ma perché con il gol segnato, raggiunge Ronaldo a quota 15 in vetta alla classifica dei migliori marcatori di sempre al Mondiale. Poco prima aveva anche agganciato e superato Gerd Müller nella all-time dei goleador tedeschi. Con tre anni di ritardo rispetto alla sua previsione e con il doppio della partite giocate, certo, ma ora sopra a tutti c'è lui. Con gli USA è un ritorno al passato, infatti dall'altra parte c'è seduto Klinsmann. Decide ancora Müller e gli ottavi con l'Algeria non dovrebbero essere un problema. E invece gli algerini si riveleranno il maggior ostacolo per la Mannschaft. La partita viene decisa solo ai supplementari: prima Schürrle e poi Özil. Inutile il gol di Djabou a tempo scaduto. La Germania vola ai quarti e lo fa con due note positive: la Spagna campione e la bestia nera Italia, sono entrambe state eliminate nella fase a gironi. Ora c'è la Francia, ma soprattutto c'è una punizione dalla trequarti, una palla inattiva. La batte Kroos e la impatta Hummels. 1-0 ed è con questo risultato che la Nazionale di Löw passa in semifinale. Ma sono certo che quello più contento di tutti sia stato Flick: d'altra parte, i tedeschi sulle palle ferme son sempre stati forti. Adesso arriva il capolavoro. E occorre un altro piccolo flashback. «Klose gioca ancora vero? Ok, ma spero che non partecipi al prossimo Mondiale qui in Brasile». Le parole sono di Ronaldo, Luis Nazario, in riferimento al suo record. Come sappiamo, Klose lo ha già raggiunto, ma ora ha la possibilità di superarlo. E attenzione, perché l'8 luglio 2014 a Belo Horizonte si gioca Brasile-Germania: un capolavoro. 29': il tempo servito alla squadra di Löw per spazzare via un intero popolo, che ha vissuto la sua più grande catastrofe dopo il Maracanazo del 1950. In quel lasso di tempo, sono arrivati cinque gol e uno di quelli lo ha segnato Klose. Sono 16, ora il record è tutto suo. Nel secondo tempo arriveranno la doppietta di Schürrle e il gol inutile di Oscar. Finisce 7-1: una vergogna infinita per i brasiliani nel Mondiale casalingo. Una batosta da cui difficilmente si riprenderanno, di certo non nella finalina, persa 3-0 contro l'Olanda. Ah, ma chi ha eliminato l'Olanda? L'Argentina. Come? Ancora l'Argentina? Non gli sono bastate le lezioni del 2006 e del 2010? Ah già, ma c'è da giocare la bella: una finale all'Albiceleste, una finale alla Mannschaft, A Rio de Janeiro tutti si aspettavano il Brasile, invece arrivano i loro più grandi rivali e un'europea. Non proprio secondo i piani. Tutto questo rispetta, però, i piani di Jogi. Manca l'ultimo tassello, quello per diventare il migliore. L'Argentina fa paura e segna anche con Higuain, pescato in off-side. La partita non si sblocca e si va ai supplementari. Löw, però, la partita la vince poco prima del 90'. Toglie Klose e mette Götze, dicendogli «Va' e dimostra a tutti che sei meglio di Messi.» Nel più classico dei "detto-fatto", è il ragazzino del Bayern a raccogliere l'assist di Schürrle al 113' e impattare perfettamente la sfera, dopo averla controllata. La Germania vince ed è campione del Mondo per la quarta volta, con una squadra composta da giocatori che il Mondiale del 1990 se lo ricordano poco o che addirittura non l'hanno nemmeno potuto vedere per questioni anagrafiche. Ma è soprattutto la vittoria di Joachim Löw, che ci ha messo dieci anni per raggiungere questo traguardo. Due da vice di Klinsmann e otto da c.t. 




Nella lista per il miglior allenatore del 2014 c'era anche lui. Anche in quella dei finalisti, insieme ad Ancelotti e Simeone, che hanno dominato il calcio spagnolo ed europeo. La votazione, però, ha premiato Jogi, che ha quindi capito di essere diventato il migliore. E lo è diventato contro tutti e contro tutti, proponendo un calcio bello vincente, andando sempre dritto per la sua strada. Ci ha messo dieci anni, ma alla fine glielo hanno riconosciuto tutti: Joachim Löw ist FIFA Trainer des Jahres. Bravo Jogi, te lo meriti.


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