sabato 1 marzo 2014

Il Superman rumeno dice no al Barcellona

Era il 1986. Il Barcellona era lontano anni luce dai momenti di gloria di questi tempi. In quella stagione, però, riuscì a battere sia i campioni d'Europa in carica della Juventus, che i futuri vincitori dell'edizione successiva, il Porto. Ma, come già detto, era il 1986, non il 1987. Il Barcellona in finale di Coppa Campioni ci arrivò, ma sulla sua strada incontrò un avversario che, da semplice outsider, divenne imbattibile. 

Era il 1986, il primo anno senza squadre inglesi nelle competizioni europee. Dal 1975 al 1985 (ad eccezione del 1976 e del 1983), i club di Sua Maestà avevano sempre centrato la finale di Coppa Campioni, vincendola nel 1977, 1978, 1979, 1980, 1981, 1982 e 1984 con Liverpool, Nottingham Forest e Aston Villa. Il dominio venne spezzato dalla furia dei tifosi del Liverpool che, nella finale del 1985 contro la Juventus, ne combinarono di ogni, facendo entrare quel 29 maggio di diritto della storia del calcio. Con contorni negativi, purtroppo. La punizione della UEFA fu esemplare: ogni squadra sarebbe rimasta esclusa da qualsiasi competizione europea per un tempo indeterminato. Solo nel 1990 - un anno dopo un'altra tragedia del football inglese, quella di Hillsborough - i club inglesi furono riammessi, ma gli anni d'oro erano ormai passati. Troppe cose erano cambiate nel frattempo. Una cosa rimase uguale: il Barcellona, uno dei club più gloriosi di Spagna, aveva ancora zero Coppe Campioni in bacheca. Nel 1961 fu il mitico Benfica a negargli la gioia europea. Nel 1986 fu un simpatico portiere rumeno dai folti baffi: Helmuth Duckadam.

Era il 1986, il 7 maggio per la precisione. Si giocava una partita. No, qualcosa in più di un semplice incontro: era la finale della Coppa Campioni, che si sarebbe disputata in uno degli stadi più infuocati di Spagna, il Sanchez-Pizjuan di Siviglia. Solo quattro anni prima, era stato il teatro della stupenda semifinale del Mondiale tra Germania e Francia. Quella sera le cose andarono diversamente, perché se tra tedeschi e francesi le cose dovevano essere, e furono, incerte, quel 7 maggio il popolo gridava già un vincitore predestinato: il Barcellona. I catalani, infatti, avevano difronte i rumeni della Steaua Bucarest. Chi mai avrebbe pensato che quegli undici uomini arrivati da un paese semi-sconosciuto al resto del mondo, potessero battere i campioni spagnoli? Senza dimenticare che i catalani erano 60000 nello stadio. Quello che la squadra di Terry Venables avrebbe dovuto fare, era semplicemente segnare un gol, per poi godersi gli attimi di felicità al fischio finale. Una missione semplicissima. Forse troppo...

Era il 1986. La squadra più forte della Romania era la Steaua Bucarest, undici rumeni che nessuno conosceva allenati da Emerich Jenei. Un mix di esperienza e gioventù, ma anche molta fortuna. Nel primo turno incontrano i danesi del Vejle: 5-2 totale senza troppe storie. Negli ottavi regolano con un 4-1 interno le macerie della Honved. Nei quarti riescono a pescare la squadra più scarsa in mezzo a squadroni: i finlandesi del Kuusysi Lahti. Incredibilmente, sono la formazione che gli dà più noie, ma riescono comunque ad accedere alle semifinali, dove incontrano l'Anderlecht, che ha eliminato il Bayern Monaco nel turno precedente. L'ennesima prova di forza casalinga, spinge i rumeni verso un'insperata finale. Dall'altra parte del tabellone, il Barcellona suda sette camicie per eliminare Sparta Praga e Porto grazie alla regola dei gol in trasferta, la Juventus ai quarti (1-0 e 1-1), mentre in semifinale rimonta il 3-0 dell'andata al Goteborg, vincendo ai rigori. In finale ci arrivano loro, con una sola certezza: il trofeo avrà un nuovo vincitore, per il secondo anno consecutivo. 

Quel 7 maggio del 1986 successe qualcosa di incredibile a Siviglia. Il Barcellona attacca, domina, tira, ma trova sempre un avversario insuperabile: Helmuth Duckadam. Il simpatico baffone è in giornata di grazia ed inventa un nuovo metodo per vincere: giocare con un portiere che non può subire gol. I catalani tirano, lui para. I catalani ritirano, lui ripara. Dopo 90' è ancora 0-0. Nei supplementari il copione non cambia. Dopo 120' il Barcellona non è ancora riuscito a segnare. Ma adesso ci sono i rigori, arriveranno i gol. O, almeno, tutti si aspettano, finalmente, dei gol. Batte Majearu: sbaglia. Tocca ad Alexanko: Duckadam para. Va Boloni: Urruti ci arriva. Pedraza batte a sinistra come Alexanko: Duckadam si oppone nuovamente. 120', quattro rigori e zero gol. Quel 7 maggio era già entrato nella storia. Ora toccava al baffo scrivere la sua. Lacatus riesce a segnare. Il Pichi Alonso non cambia lato, tira a sinistra: Duckadam ci arriva ancora. Balint segna. Marcos Alonso tira a destra, forse è la mossa giusta. Invece no, perché Duckadam nega il gol anche a lui. La Steaua vince 2-0 ai rigori la Coppa dei Campioni. L'eroe si chiama Helmuth Duckadam, un portiere che non può subire gol. Facile vincere così, vero? Quel giorno Superman si rivelò a noi umani e parve spiccare il volo verso una carriera ricca di successi. Invece... 


Quel 7 maggio del 1986 fu l'ultima partita di Helmuth Duckadam. In mezzo al suo ritiro, tante voci, forse troppe, perché il 7 maggio del 1986 la Steaua Bucarest giocò e vinse la finale della Coppa Campioni con in porta un grande portiere. Quello che successe dopo, è un'altra storia. A me piace ricordare la parte più bella, la copertina di una storia fatta di tanti bassi e pochi alti, ma con un acuto che fa intimidire anche un portierone come Gigi Buffon.






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