venerdì 20 settembre 2013

Semplicemente Eduard Streltsov

In Russia ci fu un giocatore talmente bello ed elegante, che fu soprannominato il "Pelé Bianco". Lo stesso Pelé disse che gli sarebbe potuto essere addirittura superiore. Degli atteggiamenti troppo da "divo" gli stroncarono la carriera e la vita, mandandolo nei gulag siberiani. Qui, lavorando in miniera, si ammalò di cancro, morendo a soli 53 anni.
La sua carriera comunque riprese, dopo sette anni d'inferno. Tornò a giocare e a strabiliare il mondo del calcio. Il suo colpo preferito era il tacco. E se andate ancora adesso in Russia, i bambini vi diranno: «Hey, guarda come faccio bene lo Streltsov.»
Eduard rimane vivo nella mente di chi lo ha visto giocare. Ma rimane vivo anche grazie a tutti quei ragazzi che ne imitano le gesta, consacrandolo nella leggenda. Per loro rimane un esempio, un simbolo, da copiare, senza conoscere tutti i segreti del nome. 
Bello, bravo e ribelle: il Pelé Russo, fu anche il Best Russo. "Donne, vodka e gulag", si intitola un libro su di lui. Due uomini diversi, accomunati dalle loro passioni. Ma perché perdersi in inutili paragoni? Eduard Streltsov fu, è, e sempre sarà Eduard Streltsov: il calciatore, l'uomo, rovinato da un semplice rifiuto, trasformato poi in molestie sessuali. Tutte balle, ovviamente. Ma provate voi a tirar fuori la verità dalla Mosca degli anni '50.
E come ultima frase, lascio il suo congedo, quello più triste, ma soprattutto più veritiero di tutti, detto sul letto d'ospedale alla moglie, dopo oltre trent'anni d'attesa: "Ero innocente. Non ho mai fatto quello per cui mi hanno accusato."


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